LA PALEOCLIMATOLOGIA CAMPEGGIA NEI LAGHI DI MONTICCHIO


Parliamo ancora di Monticchio. Per una sua peculiarità che, sarà forse poco nota ai più, ma che colloca i Laghi all’attenzione di scienziati e studiosi stranieri, tedeschi in tal caso. Val la pena, pertanto, di rammentare che i Laghi di Monticchio sono considerati fra i più importanti al mondo per quel che riguarda lo studio e la ricerca inerenti la Paleoclimatologia. 




A confermarlo sono gli accademici tedeschi del Geo Forschungs Zentrum di Potsdam, collocato a circa 40 km. da Berlino, che da diversi lustri compiono le proprie ricerche al centro del Lago Grande di Monticchio.

Si tratta di un gruppo di docenti, tecnici e studenti dell’Istituto di ricerca tedesco che, periodicamente, ritornano in Basilicata, ed a Monticchio, luogo particolarmente impresso nelle proprie analisi e studi. La prima volta sono venuti dalla Germania nel 1990 e, a seguire, nel ’94, nel 2002 e nel 2006 e sporadicamente più di recente.

Ma cos’è la paleoclimatologia e perché tanto interesse per questi laghi di origine vulcanica? Lo avevamo chiesto al prof. Jorg F.W. Negendank, alla dottoressa Sabine Wulf e al dottor Jens Mingram. Mostrano intanto una pubblicazione scientifica in inglese sulla quale campeggia, in copertina, una veduta aerea dei due Laghi di Monticchio.

Con i “paleoclimi” si designano le diversi condizioni meteorologiche che si verificarono sulla terra durante le passate ere geologiche. “La nostra ricerca – conferma la dr.ssa Wulf - focalizza la sua attenzione sui cambiamenti degli ultimi 130 mila anni. Essi vengono ricostruiti sia con lo studio delle flore e delle faune fossili, che è quello che su cui operiamo noi, mentre altri orientamenti di studi si rivolgono agli aspetti astronomico-geografici. Sono quindi meglio ricostruiti i climi dell’era quaternaria, cioè l’attuale, per la quale si possono determinare le durate relative dei vari climi che si susseguirono”.

Nel quaternario l’attività vulcanica fu molta intensa mentre la flora era la stessa di oggi.

“I laghi di Monticchio conservano caratteristiche eccezionali per i nostri studi. I laghi in Italia sono abbastanza caldi (ad esempio in Germania sono molto freddi) e consentono tali ricerche, che il Centro di Potsdam – continua la ricercatrice - svolge anche in luoghi come Ischia, Campi Flegrei e Vesuvio, (intorno a Napoli) come pure sull’Etna, al fine di verificarne le differenze. Monticchio si rivela il posto migliore ove effettuare rilevamenti ed analisi”.

Curiosamente chiediamo come si svolge la giornata di lavoro sul lago.

“Partiamo intorno alle 7 del mattino, e restiamo sulla piattaforma fino alle 19”. Dodici ore ininterrotte sotto il sole battente, ponendo a base logistica il vicino camping.  Un’intera giornata sulla piattaforma?

“Certo, dodici ore sotto il sole, per estrarre mediante appositi strumenti alghe, fiori e vegetazione la più varia, fino a toccare una profondità di 65 metri. E’ un lavoro meticoloso di catalogazione e conservazione in speciali teche di materiale che verrà quindi analizzato in Germania nel nostro Centro di ricerca”.

- Dove sono approdati finora i vostri studi?

“La nostra conoscenza sulla variabilità paleoclimatica ha aumentato considerevolmente le nostre conoscenze sul cambiamento globale negli ultimi tre quattro decenni. Comunque molte domande rimangono irrisolte, e qualsiasi nuova scoperta può cambiare la nostra idea sulla capacità del sistema climatico più in generale.

La ricostruzione paleoclimatica è quindi basata su una varietà di ricerche molto importanti sul polline, sugli isotopi e gli atomi.  

Inoltre, le registrazioni climatiche e metereologiche del passato in vari punti dell’Europa, possono essere correlate con la paleo-data e con altri segnali climatici. Non ci sono strumenti per valutare i climi di 10.000 anni fa, ma possiamo ottenere informazioni grazie ai siti storici, ai libri monastici, a diari e rapporti locali.

Le nostre ricerche – conclude la dr.ssa Wulf – si dirigono anche in Israele, in Francia, in Polonia e persino in Cina”. Ad aiutarci nella traduzione dal tedesco era il giovane Enzo Liccione (di madrelingua, nato in Germania da genitori rioneresi).

Avevamo auspicato, dopo le nostre prime pubblicazioni delle importanti visite sulla stampa (invitammo anche la Rai), che si consolidasse un minimo legame con l’università della Basilicata, ma non crediamo che a tutt’oggi ci siano contatti. 

E dire che una quindicina di anni fa, quando per la prima volta scoprimmo (casualmente) quella piattaforma sul Lago Grande, con i ricercatori che si tuffavano nel lago e risalivano con le ampolle piene di materiale, qualcuno li aveva scambiati per semplici turisti, appassionati di tuffi …



Armando Lostaglio


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