EMANUELE GIANTURCO, UN SAGGIO DI VITO CLAPS

Esaltato l’uomo, il giurista, il professore, l’avvocato, il parlamentare.
di Michele Traficante

Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza. Questo imperativo categorico che Dante mette in bocca a Ulisse (Inferno, Canto XXVI, versi 119-120), è un severo monito per gli uomini di buona volontà e soprattutto per le nuove generazioni.
In tempi in cui i valori etici dell’onestà, del dovere, del sacrificio sembrano smarriti e la società pare pervasa dall’egoismo e dall’arrivismo si rende necessario e urgente trovare dei punti di riferimento che rinsaldino l’amore per il bene comune.



Per fortuna non sono pochi gli uomini, anche dalle parti nostre, che hanno avuto come religione della loro vita i valori etici al massimo livello e che possono rappresentare modelli da seguire. Fra questi certamente un posto di particolare rilievo lo occupa l’aviglianese Emanuele Gianturco, “l’uomo dalle molte anime”, com’è stato definito perché in lui “si fusero armonicamente il musicista, il giurista, l’insegnate, l’avvocato, l’uomo politico, il legislatore”.
A riproporre l’insigne uomo lucano è stato il prof. Vito Claps di Muro Lucano con la pubblicazione del volume: Emanuele Gianturco, un modello di vita (CalicEditore, Rionero in Vulture, pagg. 210). Un lavoro scritto, si può dire, col cuore oltre che con la mente, in cui l’autore mostra tutta la sua grande ammirazione per l’illustre sommo giurista di Avigliano. L’autore, come scrive in Prefazione Gerardina Romaniello, giudice della corte d’Appello del Tribunale di Potenza, “ descrive in modo plastico, appassionato, vero e sincero, l’esistenza terrena di Gianturco, il suo spendersi per gli altri, per gli ultimi, senza retorica e con passione”. Ammirazione che si esprime soprattutto nell’impegno certosino nel ricercare e riportare quanto illustri e autorevoli uomini della cultura, della politica e delle varie Istituzioni pubbliche e private hanno detto e scritto per commemorare la scomparsa di Emanuele Gianturco il quale, come scrisse Giustino Fortunato, ” fu e rimase, fino agli estremi suoi giorni, l’uomo essenzialmente rappresentativo della sua e nostra terra natale, una terra non bella né feconda. Ma da tempo assuefatta alle prove più dure, austera, semplice, pensosa; o, se val meglio, rimase quello che fu sempre, uno spirito spiccatamente, manifestamente italico, così nella grande vigoria dell’intelletto, come nell’infinita bontà e purezza di cuore”.
Dal libro di Vito Claps emerge “il genio della lucanità”, l’uomo dal multiforme ingegno che pur di umili origini (era figlio di un modesto calzolaio) raggiunse le vette più alte del sapere, del successo professionale e della gloria. Così egli si definì il 20  aprile 1889 rivolgendosi ai suoi elettori del collegio di Potenza: “Ebbi umili i natali, avversa la fortuna, e questa vinsi e quelli nobilitai con la sola perseverante virtù del lavoro…Dovunque risplenda luce di alti ideali, dovunque chiamai la voce del dovere, là sarà il mio posto”.
Nato ad Avigliano il 20 marzo 1857 da umili genitori: il padre povero calzolaio e la madre contadina, Emanuele Gianturco, grazie ai sacrifici del fratello maggiore Giuseppe (fratello di padre), santa figura sacerdote che lo guidò nei primi studi, potette, con l’altro fratello Vincenzo, recarsi a Napoli per continuare gli studi sia presso l’Università e sia presso il Conservatorio di San Pietro a Maiella. Nel luglio 1879 si laureò brillantemente in giurisprudenza e quasi contemporaneamente si diplomò maestro compositore. Anima sensibile, quando poteva, amava suonare al pianoforte composizioni di Bach, Beethoven, Schubert, Mozart ecc. Compose musiche


per orchestre, per strumenti, per pianoforte e per canto.
Consigliato dal padre, da Ernesto e Giustino Fortunato optò per la scienza giuridica in cui primeggiò subito per il suo spiccato talento. Inizialmente frequentò a Napoli anche lo studio legale dei fratelli Francesco e Giuseppe Plastino di Rionero.
Ottenuta a Napoli nel 1882 la libera docenza in diritto civile, grazie anche all'intervento personale di Giustino Fortunato, Emanuele Gianturco poté così aprire nella sua abitazione - secondo un'antica tradizione napoletana, tollerata dalle prime leggi unitarie sull'istruzione superiore - la sua scuola privata di diritto civile, ben presto segnalata come la più fiorente e affollata di Napoli e alla quale furono educati, fra gli altri, Vincenzo Simoncelli, Nicola Stolfi, Nicola e Leonardo Coviello. Iniziò così la sua brillante e prestigiosa carriera di docente universitario fra l’ammirazione di tutto il mondo accademico. Pubblicò alcune importanti lavori di Diritto Civile che fecero testo.
“Svolse, come ha scritto Michele Strazza, una intensa attività forense in campo civile ponendo la propria attenzione alla giustezza delle cause piuttosto che ai compensi professionali, tanto che più volte prestò la sua opera gratuitamente, soprattutto nei riguardi dei poveri e delle istituzioni di beneficenza”.
Nel maggio1889, poco più che trentenne, Emanuele Gianturco entrò alla Camera in rappresentanza del terzo collegio di Potenza e venne rieletto per ben cinque legislature anche in rappresentanza di altri collegi elettorali.
Ricoprì numerosi incarichi governativi: Sottosegretario di Stato alla Giustizia, Ministro della Pubblica Istruzione, Ministro Guardasigilli, Ministro  dei Lavori Pubblici, incarico questo tenuto fino a tre giorni prima della morte. Appena assumeva la direzione di un qualsiasi dicastero, “chiudeva i battenti del suo studio”, restituendo ai clienti le carte giudiziarie nonché gli stessi anticipi dei compensi. Non accettò il conferimento di un titolo nobiliare, proposto dal Re, perché - affermò -“ un Aviglianese è orgoglioso di essere nato tale e perché non ha bisogno (questo mi è stato insegnato!) di conseguire altri allori e raccogliere altri frutti se non quelli che derivano dal proprio lavoro e dalle proprie capacità messe a buona dimora”. Illuminante ed espressivo quanto egli scrisse nel suo testamento rivolgendosi ai figli. “Vi lascio molto poco, solo il pane del domani, il resto dovete saperlo procurare voi!”.
Nel 1890 sposò, compare di anello Giustino Fortunato, la pianista Remigia Guariglia (1865-1919) nativa di Vietri sul Mare (Salerno) che gli diede ben otto figli (Mario, Giulio, Paola, Margherita, Adriana, Elio, Leone e Cesare).
Colpito da un male crudele, un cancro alla bocca, pur sottopostosi a interventi chirurgici, si spense a Napoli il 10 novembre 1907, non aveva che 50 anni.
La sua prematura scomparsa suscitò vivo cordoglio e profondo rimpianto sia nel mondo accademico e politico e sia nell’intera Basilicata, oltre ovviamente che nel suo paese natio. Numerose le iniziative a ogni livello per ricordare l’insigne giurista: parlamentare e uomo di governo, con innumerevoli commemorazioni, l’erezione di monumenti, l’intitolazione di scuole, di strade e piazze. Anche Rionero in Vulture ha intitolato a Emanuele Gianturco una strada principale della città.
 Questi, per sommi capi, alcune notizie biografiche di Emanuele Gianturco ma che Vito Claps tratteggia nel suo libro in maniera superba ed esauriente grazie alle sue ricerche e soprattutto alle numerose e interessantissime note. Frutto della consultazione di testi, documenti e giornali, che illustrano e completano le notizie e gli aspetti, anche poco noti, sulle vicende che riguardano l’esistenza terrena del grande “genio di Avigliano”.
“ La semplicità delle origini di Emanuele Gianturco - scrive sempre Gerardina Romaniello in Prefazione - che a costo di grandi sacrifici personali ha saputo


raggiungere le più prestigiose cariche pubbliche, è un monito per tutti noi, ed è un esempio per i giovani che devono essere consapevoli che lo studio, solo lo studio, è il mezzo più efficace per migliorare se stessi e per costruire quella cultura necessaria per sentirsi degni di impegnarsi nella società e contribuire al suo miglioramento”. E Dio sa se ce n’è bisogno oggi in Italia!
Un lavoro encomiabile questo di Vito Claps che ci fa riscoprire un grande lucano, dal grandissimo prestigio ed autorevolezza per onestà, cultura, dirittura morale e votato al bene comune. Altro che le tante “mezze calzette” che ci troviamo in Parlamento.
 Noi ci associamo convinti al suo auspicio, richiamando Emanuele Gianturco e altri grandi lucani, i quali, lasciando prove di meriti luminosi, saranno la nostra guida: “Imitiamoli a vantaggio anche dei posteri, perché il legare a questi la memoria delle
virtù degli estinti, più che un dovere, è un bisogno della società”.
In verità Vito Claps non è nuovo ad importanti impegni letterari. Infatti, ha già pubblicato altri interessanti volumi, fra cui, tanto per citarne alcuni, Fortunato, Nitti e Collegio di Muro Lucano (lettere inedite), 2001; Uomini Muresi, 2003: Muro Lucano tra ricordi e storia, 2004; Delle Private Lettere (da Napoli 1923-1932), lettere di Giustino e Anna Fortunato, 2010. Particolarmente importante questo carteggio perché “salvato” in un cassonetto dell’immondizia.
Vito Claps in questo periodo sta lavorando a: Reazione e Brigantaggio in Basilicata 1861 – 1866. Si tratta di un manoscritto inedito di Luigi Martuscelli.
Ad maiora, Vito!

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