IL PREZZO DEL BARILE NON SALVA IL SUD DAL LATIFONDO PETROLIFERO TRA SILENZI E MANCATE RISPOSTE

Le quotazioni sono a 40 dollari e lo scenario è tale che altra discesa è ancora possibile ma questo non  significa che le compagnie petrolifere rinunciano ai latifondi petroliferi in terra e mare  che gli ha concesso lo Sblocca Italia soprattutto in Basilicata.
I pozzi una volta esauriti o mai messi in produzione, continuano ad avere un certo interesse perché possono essere utilizzati
per la reniezione o per lo stoccaggio di gas.
Emblematica, al riguardo, è la questione di Pozzo Morano a Policoro dove una società ha prima cercato gas e poi dichiarato di non avere più interesse all'estrazione. Ad oggi sul sito dell'Umnig quel pozzo è definito:  "destinato ad altro utilizzo".
Ecco che le dichiarazioni delle società petrolifere di poter rinunciare a dei pozzi di produzione se la discesa del dollaro continua, non può certo rallegrarci.
Chi dovrebbe invece dire basta alle estrazioni  è la regione Basilicata che sta perdendo definitivamente le royalties bloccate in  parte dal patto di stabilità e che ha più di un motivo per abbandonare questo falso sviluppo per il territorio che porta guadagni e vantaggi solo al ciclo dei rifiuti petroliferi.
Intanto, altre gravissime segnalazioni giungono in questi giorni in ordine allo stato delle acque del Pertusillo. A settembre dell'anno 2013 Mediterraneo no triv ha inviato una formale denuncia all'UE evidenziando numerose criticità ambientali e violazioni di norme di diritto comunitario in merito alla tutela delle acque destinate al consumo umano e a scopo irriguo.
Lo studio, con corredo di relazione scientifica della Prof. Albina Colella dell'Università della Basilicata, del Prof. M.Civita e del Prof. Ortolani, mette in luce alcuni aspetti ambientali di indubbia importanza.
A seguito della denuncia, l'UE ha risposto che avrebbe avviato la consultazione al fine anche di verificare l'avvenuta violazione delle norme comunitarie e ora il fenomeno dei pesci morti nell'invaso del Pertusillo rende la questione ancor più urgente. 
E' necessario, per tutti i Sindaci, sapere dalla Regione Basilicata cosa sta accadendo e quali sono le conseguenze che l'estrazione e la ricerca di idrocarburi crea sul nostro territorio.
La dichiarazione del Direttore dell'Arpa in merito alla difficoltà dell'ente di disporre le compiute analisi per carenza di fondi economici, è fatto estremamente grave. Se  L'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Basilicata (ARPAB), preposta al monitoraggio e al controllo dei fattori di rischio per la protezione dell'ambiente non è nelle condizioni di assolvere alle sue funzioni, la Regione dovrebbe bloccare tutti i pozzi, così come i Parlamentari lucani dovrebbero accedere un faro su quello che accade, ogni giorno in Basilicata. Intanto, in Basilicata, anche eventi straordinari, per gravità, assumono connotazione di ordinarietà e tra questi le mancate risposte e i silenzi.

Mediterraneo no triv  e No scorie Trisaia

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