“La
chiusura della discoteca Cocoricò di Riccione diventi l'occasione per fermarsi a riflettere tutti –
giovani, genitori, titolari di esercizi, istituzioni - da una parte su cosa
fare per mettere in campo gli strumenti adeguati per contrastare il consumo di
droghe e di alcol da parte dei minori e dall’altra di cosa fare per non
criminalizzare i luoghi preferiti della “movida giovanile”.
E’ l’appello che parte del Centro Studi Turistici Thalia
che ricorda che in Basilicata il problema non è tanto per le discoteche (13
quelle stabili censite, di cui 4 nel Metapontino e 2 a Matera, a cui si
aggiungono d’estate un’altra quindicina di discoteche stagionali, in maggioranza
negli stabilimenti balneari del Metapontino e di Maratea) quanto piuttosto nei 1.314
esercizi tra bar e pub (da noi il 2,3 ogni mille abitanti, in percentuale più
di Puglia, Campania, Piemonte), a confermare l’appeal tra i consumatori lucani
non solo di età giovanile. Dunque l’allarme droga e alcol (in verità più alcol
che droga) riguarda direttamente anche la nostra regione e pertanto – sostiene
il segretario del C.S. Thalia Arturo Giglio – non serve dividersi tra innocentisti e colpevolisti sul comportamento
dei titolari-responsabili del Cocoricò perché è evidente che non è certo chiudendo una
discoteca che si risolve il problema. Occorre invece fare chiarezza per
tutelare i minori da pericoli che dal disagio psicologico e sociale possono
condurre fino al rischio di perdere la vita. E quindi i titolari di esercizi
pubblici sono i primi a doversi sentire impegnati per intensificare la lotta
alle droghe, accompagnata a un maggior
sostegno, a livello psicologico, dei ragazzi e degli adolescenti più fragili,
sino a frequentare attività e corsi di formazione psicologica.“
Per il C.S. Thalia di aiuto è
l’identikit sul frequentatore lucano dei locali di intrattenimento tracciato da
un recente rapporto Fipet-Confesercenti: l’8,3% degli abituali frequentatori
tutti i giorni è al bar-pub-snack bar; il 50% 2-3 volte a settimana; il 16,7%
una volta a settimana; il 16,7% una volta al mese ; l’8,3% non ci va mai.
I pubblici esercizi rappresentano sempre più un luogo di incontro e di
aggregazione per i giovani tra i 18 ed i 25 anni (46,6%) e per gli ultra
sessantenni (38,9%), mentre per gli altri resta soprattutto un luogo in cui
consumare. Le modalità di consumo appaiono abbastanza diversificate: prevale il
rito della colazione (46,7%) anche se in flessione rispetto al 2010, mentre
meno abituale e in leggera flessione è risultato il consumo di aperitivi
(13,9%). I consumatori più assidui sono il pubblico di sesso maschile:
tra questi infatti il 31,6% ha dichiarato di essere entrato in un bar tutti i
giorni e il 25,4% almeno 2-3 volte a settimana. Tra il pubblico femminile,
invece, ben il 30,5% ha affermato di non essere entrata in un bar (era il 25,9%
nell’indagine del 2010). Per la fascia dei giovani fino a 25 anni il bar
rappresenta in assoluto il luogo di riferimento del “gruppo dei pari”, ma
rispetto agli anni precedenti questo dato tende ad innalzarsi anche per le
altre fasce di età. E poi è rilevante il dato sull’offerta di intrattenimento
musicale, che ha raccolto il 26,6% di segnalazioni soprattutto nella fascia di
età 18-25 anni. Inoltre, evidenzia la Fipet, se nell’82% delle segnalazioni il
fattore determinante nella scelta dell’esercizio è la comodità, la vicinanza a
casa o al luogo di lavoro, la ripetitività dei consumi è però vincolata alla
qualità dei prodotti offerti (60,7%) e all’igiene e la cura del locale (58,4%).
Questi due aspetti rimangono determinanti sia per coloro che considerano il bar
come il luogo funzionale alla consumazione, sia per coloro che lo interpretano
principalmente come spazio aggregativo. L’altro elemento determinante per la
fidelizzazione della clientela è la cortesia e la professionalità del personale
(38,9%), particolarmente apprezzato dagli intervistati compresi nelle fasce di
età più elevate. Da non trascurare quel 23,1% del campione che sceglie in base
al target di clientela che frequenta il locale: nella fascia di età tra i 18 e
i 25 anni questo fattore di condizionamento raccoglie il 51,7% delle
segnalazioni. Infine, gli interventi
di prevenzione e un puntuale monitoraggio sull’uso eccessivo e disordinato di
superalcolici da parte delle giovani generazioni e contemporaneamente
sviluppare e incentivare politiche educative sulla cultura del buon bere senza
esagerazioni. Tra le idee e i progetti il
coinvolgimento delle radio che parlano il linguaggio dei ragazzi e possono
aiutare nella campagna di informazione “bevi responsabile”.
Ma – sostiene il C.S. Thalia - la
giusta battaglia specie contro il
consumo di droghe sintetiche non
deve danneggiare l'industria del tempo libero che ha nelle sue discoteche il
naturale approdo di questo target turistico. Di fatto la chiusura per 4 mesi di
una delle più importanti discoteche italiane sposterà altrove il problema del
consumo di sostanze stupefacenti senza risolverlo definitivamente. E se
danneggiamo questo settore i turisti della notte, che rappresentano un segmento
importante e che non va affatto trascurato, verranno attratti dai
Paesi concorrenti come la Spagna, la Grecia e la Francia. Il turismo della
notte ha molte facce e non tutte sono riconducibili a giovani che cercano lo
sballo assumendo sostanze illecite.
La MalaMovida –
aggiunge Giglio - di fatto catalizza patologie sociali che nascono anche per
ragioni che gli sono indipendenti, di tipo sociale e/o culturale; tra queste
centrale è un rapporto malsano con il consumo di alcolici, che coinvolge in
modo intenso anche gli adolescenti e i giovani. Va considerato che nell’attuale
contesto gli adolescenti sono un universo particolarmente problematico e
difficile da governare, perché di fatto poco conosciuto, ancora nell’ombra
della tutela familiare eppure dirompente in tante espressioni di soggettivismo
deregolato.
Alcuni dei dati relativi al loro rapporto con l’alcol e con alcuni
comportamenti trasgressivi e dell’eccesso sono da brivido e richiedono un
soprassalto di responsabilità collettiva e coordinata, che partendo dalle
famiglie e dalle scuole arrivi a coinvolgere i presidi territoriali che
intercettano gli adolescenti nell’esercizio di alcune attività che sono
concretamente propedeutiche al dispiegarsi di scelte orientate alle culture
dell’eccesso e dello sballo. In particolare dai dati di un’indagine
dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol e della Società italiana di
medicina dell’adolescenza emerge che oltre il 90% dei minori di età compresa
tra 12 e 14 anni dichiarano di avere già provato alcolici; per il 73% di questi
la prima bevuta alcolica è avvenuta alla presenza di adulti e, in particolare,
il 59% ha avuto il suo primo rapporto con l’alcol in presenza dei propri
genitori e il 14% di altri parenti.
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