Parole sante pronunciate nell’omelia il 3 aprile scorso in Piazza S. Pietro.
di Angela Traficante
Le catechesi di Papa Francesco sulla Misericordia durante le
messe in Piazza San Pietro arricchiscono
sempre più la spiritualità dei cristiani, chiamati a vivere l’Anno Santo come
testimoni, così come fecero gli apostoli stessi dopo aver ricevuto lo Spirito
Santo.
Il Giubileo Straordinario della Misericordia è un momento di
grazia per tutti coloro che intendono fortificarsi nella fede e dare un senso
vero, pieno, alla propria vita ed il pontefice è come se avesse preso per mano
il cristiano per condurlo sulla strada giusta, quella della trasformazione e
della verità.
Con grande dolcezza e semplicità il Papa insegna la fede
autentica, annuncia la Parola, educa all’ascolto, denuncia e rimprovera chi
compromette e minaccia la vita dell’uomo.
Prega, il pontefice, per un’umanità sofferente, deturpata da troppi mali, maltrattata ed offesa ed invita tutti ad esercitare la misericordia che è “l’architrave della Chiesa”.
Ma cosa deve fare il cristiano oggi?
Lo ha spiegato nell’0melia della messa che ha preceduto la
Festa della Divina Misericordia.
Dopo la morte di Gesù gli apostoli erano sbandati ed impauriti,
proprio come è la nostra società. Nel racconto riportato nel Vangelo il
pontefice ha fatto notare che
c’è un contrasto
evidente; da una parte c’è il timore dei discepoli che chiudono le porte di
casa; dall’altra c’è la missione da parte di Gesù che li invia nel mondo a
portare l’annuncio del perdono. Può esserci anche in noi questo contrasto
- ha continuato il Pontefice - una lotta interiore tra la chiusura del cuore
e la chiamata dell’amore ad aprire le porte chiuse ed uscire da noi stessi. Cristo,
che per amore è entrato attraverso le porte chiuse del peccato della morte e
degli inferi, desidera entrare anche da ciascuno per spalancare le porte chiuse
del cuore. Egli, che con la Resurrezione ha vinto la paura ed il timore che ci
imprigionano, vuole spalancare le nostre porte chiuse ed inviarci.
Ma qual è il modo giusto?
La strada che il Maestro
risorto ci indica è a senso unico - ha spiegato papa Francesco nell’omelia -
procede in una sola direzione: uscire da noi stessi, uscire per testimoniare la forza risanatrice
dell’Amore che ci ha conquistati.
Come sempre il successore di Pietro guarda all’uomo.
Vediamo davanti a noi
un’umanità spesso ferita e timorosa - ha proseguito -
che porta le cicatrici del dolore e dell’incertezza. Di fronte al grido
sofferto di Misericordia e di pace sentiamo oggi rivolto a ciascuno di noi
l’invito fiducioso di Gesù: Come il
Padre ha mandato me anche Io mando voi.Ogni infermità può trovare nella
Misericordia di Dio un soccorso efficace. La Sua Misericordia, infatti, non si
ferma a distanza, desidera venire incontro a tutte le povertà e liberare dalle
tante forme di schiavitù che affliggono il nostro mondo.
Il mondo necessità di liberazione e salvezza ed il Papa ha
proseguito dicendo che Dio vuole
raggiungere le ferite di ciascuno per medicarle. Essere apostoli di
misericordia significa toccare ed accarezzare le Sue piaghe, presenti anche
oggi nel corpo e nell’anima di tanti suoi fratelli e sorelle. Curando queste
piaghe professiamo Gesù, lo rendiamo presente e vivo, permettiamo ad altri che
toccano con mano la sua Misericordia nel riconoscerlo “Signore e Dio”, come
fece l’apostolo Tommaso.
E’ questa la missione
che ci viene affidata.
Il mondo ha bisogno di pace, quella vera e non illusoria e
Papa Francesco ha ben sottolineato la differenza.
Pace a voi! E’ il saluto
che Cristo porta ai suoi discepoli; è la
stessa pace che attendono gli uomini nel nostro tempo. Non è una pace negoziata, non è la
sospensione di qualcosa che non va; è’ la sua pace, la pace che proviene dal cuore del Risorto,
la pace che ha vinto il peccato, la morte e la paura. E’ la pace che non divide
ma unisce; è la pace che non lascia soli ma che ci fa sentire accolti e amati
;è’ la pace che permane nel dolore e fa fiorire la speranza. Questa pace, come
nel giorno di Pasqua, nasce e rinasce sempre dal perdono di Dio che toglie
l’inquietudine del cuore.
La missione della Chiesa è stata ben spiegata dal pontefice.
Essere portatrice della
sua pace, questa è la missione affidata alla Chiesa il giorno di Pasqua. Siamo
nati in Cristo come strumenti di riconciliazione per portare e tutti il perdono del Padre, per
rivelare il Suo volto di solo amore nei segni della misericordia. Nel Salmo è
stato proclamato “Il suo amore è per sempre”. E’ vero. La misericordia di Dio è
eterna, non finisce, non si esaurisce. Non si arrende di fronte alle chiusure e
non si stanca mai.
Ma i momenti difficili non mancano ed è facile perdere la
speranza.
In questo” per sempre”
troviamo sostegno nei momenti di prova e di debolezza - ha detto ancora Papa Francesco durante l’omelia - perché siamo certi che Dio non ci abbandona.
Egli rimane con noi per sempre.
Ringraziamo per questo
Suo amore così grande- ha concluso il Santo Padre – che ci è impossibile
comprendere e chiediamo noi la grazia di non stancarci mai di attingere la
misericordia del Padre e di portarla nel mondo.
Chiediamo di essere noi
stessi misericordiosi per diffondere ovunque la forza del Vangelo, per scrivere
quelle pagine del vangelo che l’apostolo
Giovanni non ha scritto.
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