Un giudizio sulla nostra Regione è impietoso ma
inaccettabile
di Antonio Pallottino
Grande
Marcello Sorgi, ha messo il dito nella
piaga! Io che non ho familiarità con la madre lingua, vado a scovare un
polveroso dizionario Battaglia mai più sfogliato dall’età
scolare, e mio dio, la bestemmia del giornalista sparata a Ballarò, la freccia avvelenata di quella terrificante sentenza
contro la Basilicata, a suo giudizio la regione più desolata d’Italia, scoccata
contro noi poveri bovari, mi ritorna in luce nuova, in franco complimento, che
volentieri restituisco al direttore della Stampa: davvero, nessuno prima di lui
aveva centrato così in pieno.
No, mi dico, o mi sono fatto o avrò le
traveggole, non può essere, ma il Battaglia parla inesorabilmente chiaro: desolato: “part. pass. di desolare: saccheggiare, devastare (con
azioni di guerra e di pirateria)”. Allora Sorgi, il grande Sorgi, il Direttore
del giornale più indipendente d’Italia, è dalla parte di noi derelitti! Per
forza! Mi affretto ad aggiungere, non è la Stampa megafono della nostra
benefattrice a San Nicola di Melfi, dove, erigendo il maestoso mega monumento
di Fenice, ha voluto così onorare la memoria delle vittime da diossina e affini
dell’area dal Gaudiano al Vulture? Lo penso e già un dubbio mi assale, e se nel
desolato di Sorgi urgesse invece
l’altro significato, quello diciamo corrente, più in uso presso noi comuni
mortali, visto che al n.2 dello stesso è scritto: “Spopolato, disabitato, vuoto
di abitatori (un luogo); decimato, (un popolo, una comunità); solitario, ermo”?
Già, ma a quale delle accezioni si riferiva Sorgi, al luogo, alle comunità e
quindi, al paesaggio, rimasto ermo e solitario? A nessuna delle tre a mio
parere. Il grande Sorgi che cade in una così palese ovvietà storica, lo vedi?
Se ce la faccio io, seppure a malapena, inciampando e sbandando, a riandare a
ritroso nel passato, dai romani ad oggi, figurati un cervellone come Sorgi,
conterraneo peraltro di Levi! No, non poteva aver finto d’ignorare ciò che è
risaputo anche alle pietre, e cioè, che da quando teste mozze furono issate dai nostri salvatori in cima a pali
conficcati in processione da Rionero a Potenza e altrove; da quando, commesse
un po’ in tutto il Sud porcherie simili, puteolenti masse, sradicate, scacciate
dalla terra, furono catapultate oltre oceano con tanto di complimenti delle
classi dirigenti, felici di levarsele tra i piedi, o mandate a sbattere contro
gente nostrana con tanto di puzza al naso (vero, Sorgi?), è evidente che il
meno che possa capitare a una popolazione sarà di dimezzarsi. Che sia stato un
colpo basso? Non ci credo, mi dico, non è da lui. Sorvolando sul resto, corro
al punto 3 di quel famigerato desolato,
e che leggo? “Abbandonato, privato di
compagnie, trascurato, disprezzato e…” qui, sul “negletto” mi fermo, temo sia
troppo per la mia, e l’altrui comprensione, ma dopo una pausa durata meno di un
istante, nel leggere il seguito: “Che è lasciato in abbandono, e dell’abbandono
reca i segni evidenti e inconfondibili (disordine, confusione, miseria, ecc.)”,
si riaccende il calore per Sorgi. Dunque, intendeva dire, traducendo alla
lettera: “La Basilicata è la regione più negletta d’Italia”. Ma io che non mi
fido neppure di me stesso, vado alla parola negletto
(Battaglia, sempre lui, XI Vol.): “Trascurato, lasciato da parte, non
curato; non compiuto, non preso in considerazione”. Sì, il significato mi
convince, nella lingua di Sorgi “la Basilicata è la regione più trascurata,
messa da parte, non curata, non compiuta, non presa in considerazione d’Italia”.
E ce lo viene a ricordare proprio oggi, in tempi di rinascita, di ricrescita di
stima per una regione fino a ieri bistrattata? No, non può essere, avrebbe
dovuto denunciarlo qualche anno fa, quando la Basilicata non era,
nell’immaginario collettivo, che un flatus vocis, ma oggi, a che
sottolinearlo; a che pro una ridondanza così
enfaticamente inutile? Che la Basilicata si vada ulteriormente spopolandosi è
sotto gli occhi di tutti. Non dimentichiamo che i
maggiordomi addetti alle porte del fortino regionale
in questi anni hanno lavorato bene, e i risultati, vivaddio, sono sotto gli
occhi di tutti. Oggi, tanto per dire, si va ancora a dorso di muli; conservata
nella sua forma più pura, l’arcaica rete viaria è oggi monumento nazionale,
motivo di vanto per tutti i lucani nel mondo, come pure la mappa dei 131
villaggi, ricostruita sulla base di una filologica dislocazione storica, nel
rispetto, voglio dire, dell’identità localistica, impianto essenziale ai fini
di una efficiente amministrazione dell’esarcato. Che, in definitiva, di questo
si tratta. E diavolo di un Sorgi, lui lo ha afferrato benissimo, altro che. Hai
voluto l’esarcato, benedetta Basilicata, par dire, e ora pedala! Ci tenevi
tanto ad uno status coerente col nome che ti porti, e sei stata accontentata! E
oggi, infatti, ha ragione Sorgi, come terra
di nessuno nessuno la batte: come terra da depredare, e da scapparsene
appena racimolato il bottino, è al primo posto, altro che negletta. Tu
Basilicata, luogo residuale e tuttavia vacca da mungere, rifugio angusto a una
varietà di scimmie in via di estinzione, ultimo avamposto di zappe arrugginite,
sei aperta al futuro! E qui Sorgi ha torto, anzi, ha torto e ha ragione, ha
torto a definirti desolata, immotivatamente desolati e senza speranza sono gli
stanziali, quelli che sopravvissuti ai voli, oggi si apprestano rassegnati
all’ospizio, ed ha ragione invece di strizzare l’occhio ai lanzichenecchi,
andateci pure, par dire, la strada è aperta, la via è fatta.. Certo, non è
elegante mostrare tanto zelo, è offensivo nei confronti di stormi di leccapiedi
nostrani, già pronti a ungere il becco, ma tant’è. Dopo Eni, nostra patriottica
azienda di Stato, dopo gli annessi e connessi relativi ai pasticci di Pisticci,
e dopo Tempa Rossa, i termini esatti della vitalità dell’esarcato erano stati,
del resto, già posti, già era – è, possibilmente – all’ordine del giorno, che
dopo secoli – ma a noi interessano gli ultimi 155 anni – di saccheggio
superficiale, si passi alla fase due, succhiare le mammelle in profondità,
svuotare le viscere. No, mi scuso se ho malignato, Sorgi ha ragione, a Ballarò non ha espresso il che
presentimento del futuro, In nome del supremo interesse nazionale, naturalmente
(ah, come la storia, al Sud, si ripete!), si potrà finalmente ammirare la trama
di una perfetta, compiuta desertificazione. Ecco, secondo il mio modesto
parere, la lettura autentica di quella apparentemente bruttissima sparata.
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