Nel maggio 1978 la “Legge Basaglia” decretò la chiusura dei manicomi e la fine degli internamenti
coatti. Oggi i manicomi non sono altro che dei casermoni abbandonati e oltre ai sopravvissuti, gli
unici testimoni di ciò che accadde lì dentro sono le pareti. Tra le tante testimonianze ci sono quelle
di Alda Merini, riconosciuta come la maggiore poetessa italiana del secondo Novecento.
La Merini e il dramma oscuro del manicomio sono stati al centro dell’incontro - tenutosi a Filiano
sabato scorso - in cui è stato presentato il libro “La rappresentazione manicomiale nella cultura
letteraria del Novecento italiano” della poetessa Mara Sabia, Premio “Alda Merini” 2015.
Nella sua introduzione, Vito Sabia della Pro Loco Filiano ha sottolineato come «Lo psichiatra
Franco Basaglia vuole comprendere la sofferenza della vita, uscendo dai binari prestabiliti dei
concetti già fatti da altri, e dà una speranza precisa, che la Merini costruisce nella sua poesia: la
speranza di tornare a fiorire, un giorno, più o meno lontano».
«Il lavoro di Mara Sabia – ha detto Franco Sabia, direttore della “Fondazione Gianturco” – ha una
valenza nazionale, in quanto attraverso un’accurata ricerca di archivio, l’autrice è riuscita a tirare
fuori un pezzo della Merini che era stato abbandonato. Mentre oggi abbiamo la possibilità di
conoscere una pagina nuova ed inedita della poetessa Merini». «La peculiarità delle poesia
meriniana è l’immediatezza. – continua il direttore Sabia – La Merini fa operazione di verità:
esprime sempre quello cha ha dentro e lo può fare in quanto considerata pazza».
Al termine dell’incontro si è tenuto il reading “Terra Santa”: Mara Sabia – accompagnata alla
chitarra dal M° Lucio Fabrizio - ha recitato alcune poesie in cui la Merini racconta di quel mistero
che è il dolore della mente, che in fondo accomuna tutti, perché il dolore non è altro che “la
sorpresa di non conoscerci”.
All’incontro organizzato dalla Pro Loco di Filiano hanno partecipato anche la presidente Maria
Santarsiero e il sindaco Francesco Santoro.
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