L’arcifamoso barone De Coubertin, come tutti ricordano, in una occasione affermò che l’importante
non è vincere (si riferiva evidentemente a qualche competizione sportiva), ma partecipare. Da allora ci
capita spesso di vedere competizioni di ogni tipo e non solamente di carattere sportivo dove c’è sempre
qualcuno che perde ma che non sempre (quasi mai, praticamente!) mostra di essersi accontentato di
partecipare. Mette, insomma, in pratica, un’altra massima inventata non so da chi: “fa buon viso e cattivo
gioco!” Tutti sembrano felici, ma in realtà...
Mi sono ricordato delle due massime appena enunciate, proprio in questi giorni in cui siamo
obbligati a fermarci il più possibile in casa, dove accadono fatti un po’ diversi da quelli che si raccontano e
che esprimono in modo chiaro e incontrovertibile la “saggezza(?)” degli italiani, la loro unità almeno
spirituale, la solidarietà espressa a chi si impegna allo spasimo, fino a mettere in gioco la propria vita, per
tirarci fuori dai guai e che riscuote naturalmente il nostro plauso e la nostra ammirazione, oltre che il nostro
corale ringraziamento.
Allora si inizia dalle famiglie: tutte “recuperate” e pronte a scambiarsi quelle affettuosità che in
alcuni casi si erano perse per strada; tutti si amano anche se, per la verità più di qualche marito con la
relativa moglie dichiarano di cominciare a non sopportare questa convivenza forzata. Su Facebook mi è
sembrato di aver letto che in più di qualche occasione marito e moglie (o compagna!) se le sono date di
santa ragione e spesso si è persa la calma che regnava sovrana nei primissimi giorni del contagio. Anche i
più ragionevoli e tranquilli hanno dovuto “lavorare”(e continuano oggi a farlo) per accettare questo periodo
non foss’altro che perché prima o poi passerà. E intanto chi legge i giornali sorride: si è ritrovata la famiglia!
Che bello! Che bello! Ha fatto furore soprattutto la notizia che, anche secondo il mio punto di vista, la
distanza di un metro tra le persone dev’essere uguale per tutti: quando si va a dormire quindi bisogna
calcolare la giusta distanza, anche se qualche distratto, come me, rischia di cadere dal letto!
Poi c’è la storia del computer. Pensando all’enorme quantità di tempo cha abbiamo a disposizione,
possiamo scrivere quello che vogliano, senza limiti e con grande...concentrazione (??) anche se, tra un rigo e
l’altro, corriamo davanti al televisore per dare legittimamente un’occhiata alle ultime proiezioni “di guerra”;
ma non ci tiriamo indietro se, nell’attesa, proiettano un film magari con qualche bella storia d’amore.
D’altronde dobbiamo pure distrarci in qualche modo anche se la distrazione si protrae e sull’altro canale
hanno già finito di parlare di bollettini; e, per non essere cattivi dobbiamo capire che in questo caso è il
nostro inconscio che ci viene in soccorso per non farci ascoltare notizie certamente non buone. Così non tutti
riescono a concentrarsi come dovrebbero, ma tutti sono giustificati. Come mi è capitato ieri quando mi è
giunta una telefonata da una amica insegnante che non riusciva a collegarsi con...le colleghe che la
cercavano disperatamente poiché era l’unica che mancava all’appello.
Le varie televisioni trasmettono tutte dei programmi supersonici e anche uno come me spesso
temporeggia davanti al televisore, di cui non si può fare a meno in questo periodo, tranne in caso di rottura
dell’antenna (com’è accaduto nel mio condominio); abbiamo dovuto regolarci tutti allo stesso modo e cioè
abbiamo aumentato i pasti da due a tre e gli effetti cominciano a vedersi: ma subito siamo corsi ai ripari:
abbiamo dovuto procurarci un tapis roulant e cerchiamo di perdere qualche etto; la prova dello specchio
però è sempre negativa per noi che non possiamo pretendere di perdere dei chili in un tempo breve. E
qualcuno già comincia a minacciare chi ha deciso questa sosta forzata che farà aumentare la pressione
arteriosa, il diabete, l’obesità e “incoraggerà” la depressione a prendere un posto fisso in tutte le famiglie...
felici come le nostre!
Poi ci sono i libri: tutti interessanti! “Meno male che esistono i libri” mi ha mandato a dire un’amica
che abita nel milanese. Anche se non sa spiegare perché i librai intervistati ci hanno confuso le idee: alcuni
hanno ammesso che le vendite sono aumentate del 30%, altri hanno lamentato esattamente il contrario
anche perché (udite, udite!) i prezzi dei libri sarebbero diminuiti.
Mi sia permesso di tornare un attimo alla televisione. In un programma in cui si occupavano degli
“arresti domiciliari”, un giorno è comparsa una bella famiglia composta da ben 13 persone (i genitori e 11
figli!) di cui 4 figli erano assenti; per fortuna, altrimenti la telecamera non li avrebbe inquadrati tutti.
L’intervista procedeva spedita e dallo studio televisivo, solo dopo una diecina di minuti, è partita la fatidica
domanda, quella che avrebbe dovuto essere la prima, almeno a giudicare dalle allusioni della conduttrice.
Che è sbottata: chiedo scusa -ha detto- ma voi non ce l’avete la televisione? La risposta è stata deludente:
“in verità ne abbiamo più di una, ma tutta questa tribù di figli li abbiamo desiderati noi, nel tempo!” La
conduttrice è rimasta sconcertata e ha fatto un sorriso “decoubertiniano” perché ha concluso che si era
imbattuta in persone che non solo avevano partecipato ma avevano anche vinto. D’altronde chi ha detto che
le epidemie dovrebbero favorire le procreazione di tanti figli: quanto dovrebbero, insomma, durare certe
epidemie? E le antenne, le antenne, dovrebbero essere sempre rotte?
Michele Libutti
Commenti
Posta un commento