Si è da poco spento a Rionero il caro don
Pasqualino Di Giacomo. Figura di sacerdote mite
e, per chi scrive, legato da ricordi infantili e
giovanili. La parrocchia del SS. Sacramento,
l’Azione Cattolica (a partire dalle cosiddette
Fiamme gialle) e le messe “servite” da chierico
con le decine e decine dei tanti coetanei:
correvano gli anni ‘60 e ’70. Arciprete in Chiesa
Madre, sempre attento ai rapporti umani segnato
da profonda fede, sebbene due tragedie abbiano
impresso in lui un dolore profondo. Negli ultimi
anni è stato il riferimento religioso del CineClub
Vittorio De Sica–Cinit, nelle ultradecennali
rassegne sempre presente al cinema Vorrasi per le
tantissime proiezioni di film d’autore, cui spesso
veniva chiamato sul palco ad esporre i propri
commenti. E non ultima, l’esperienza al carcere di
Melfi dove è stato cappellano, nel quale ci invitava
per proiettare dei film, alla presenza di un
centinaio di ospiti (non ci piaceva chiamarli
detenuti). Il ricordo va alla stima e all’affetto che
mostravano verso don Pasqualino. E con loro
aveva pubblicato il libro, che avevamo recensito
nel 2012. Ora ci guarderà da lassù, insieme a
Padre Carlo, lo storico francescano. Educatori di
un tempo lontano, guide incancellabili.
I Santi
Patroni dei carcerati
Sono di quei libri preziosi ma di non facile
reperimento. Ve n’è uno particolarmente originale
perché stampato e rilegato a mano,
artigianalmente, come si faceva un tempo. E’ la
pubblicazione “I Santi Patroni dei carcerati” curato
da mons. Pasquale Di Giacomo, che da diversi
anni svolge il delicatissimo compito di Cappellano
presso la Casa Circondariale di Melfi, in
Basilicata.
Proprio in un periodo che annuncia la Festa,
particolarmente sentito da chi vive il dramma della
detenzione, la lettura del testo con le vite semplici
dei Santi protettori assume un ruolo riconciliante,
un esame a ritroso non già di espiazione. Sarà la
Natività. Scrive infatti don Pasquale nella
introduzione: “Non vi è dubbio alcuno che la
salvezza dell’uomo è operata in esclusiva da
Nostro Signore Gesù Cristo. In nessun altro c’è
salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli
uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che
possiamo essere salvati”.
Ma anche la testimonianza dei Santi diviene
momento di riflessione, ed è in questa direzione
che il lavoro di ricerca svolto con un folto gruppo
di reclusi, assume una valenza propedeutica e di
ricerca interiore, prima ancora che didattica. Don
Pasqualino raccoglie le vite semplici dei Santi e le
immagini sacre analizzandone le esperienze e gli
esempi, con la motivazione per la quale sono
diventati nel tempo Santi Patroni. Scopriamo così
l’apostolato svolto a Torino da San Giuseppe
Cafasso, il quale trascorreva molte ore con i
detenuti. Aveva parole di conforto anche verso i
carcerieri. E la vita di San Leonardo di Limoge,
vissuto in Francia nel V secolo. Ma forse il primo
santo di riferimento, che subì durissima reclusione
fino alla decapitazione, è San Giovanni Battista.
Quindi San Disma, il buon ladrone della Croce di
Gesù, e via via il “calendario” tocca Santi
contemporanei, come San Massimiliano Kolbe,
sacerdote polacco sacrificato nel campo di
sterminio di Auschwitz. Pure per mano nazista finì
in devozione la vita di Santa Teresa Benedetta
della Croce, che in vita era la filosofa Edith Stein,
la prima ebrea a convertirsi al cristianesimo.
Il testo di don Pasqualino e dei suoi collaboratori
(allievi del corso di legatoria) è ricco di storie
sacre ma anche laiche, come quella del beato
Bartolo Longo, originario di Latiano (Brindisi) e
fondatore della Basilica della Beata Vergine del
Rosario di Pompei.
Un percorso di lettura gradevole, che arricchisce e
riconcilia con le indigenze dell’uomo privato della
libertà; e si conclude con la preghiera a San
Basilide Martire, patrono della Polizia
penitenziaria.
Armando Lostaglio
Commenti
Posta un commento