Maria Antezza, Roberto Speranza e persino l’autosospeso dal Partito democratico, Vincenzo
Folino (ma non era in dissenso proprio sulla gestione politica del petrolio in
Basilicata?) hanno presentato un emendamento, poi approvato dal Pd e dai suoi
complici alla Camera dei Deputati, con il quale si istituisce “una social
card nei territori interessati alle estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi”.
Una socialcard di berlusconiana memoria,
che non risolverà i problemi diinquinamento dell’aria, dell’acqua e delle incidenze tumorali dei cittadini
lucani.
Incapaci di capire che la svolta economica in
Basilicata si può avere solo
investendo nell’autonomia energetica di famiglie e imprese e non certo
nella
favola del petrolio, impotenti verso la liberalizzazione energetica
efinanziaria, i tre parlamentari della petrol-caritas lucana, hanno
pensato bene
di non opporsi allo “Sblocca Italia” e ai suoi famigerati articoli 36 e
38 e di
buttarsi anche loro, come Forza Italia di Cosimo Latronico, in
unadistribuzione di una card, come avvenuto per la carta carburante, che
avrà la
funzione di finanziare i loro sistemi clientelari e la compravendita del
consenso.
La tecnica è sempre la stessa: prima ti affamano (perché condizionano
l’occupazione, la libera impresa e persino gli investimenti dei fondi europei)
e ti disinformano sul petrolio (l’oro nero in Basilicata non ha portato né
ricchezza né occupazione), e poi ti danno il tozzo di pane in ossequio ai più
caritatevoli principi cristiani.
«Prima fanno affari e poi si lavano la coscienza. Anziché pretendere di
tenere lontane le piattaforme dalle sorgenti di acqua potabile e dalle aree
sismiche, anziché chiedere di aumentare i canoni delle aree di concessione
delle coltivazioni, per dare sicure entrate fiscali ai governi senza far
rimettere nulla ai cittadini, anziché preoccuparsi dei rischi di inquinamento
ambientale e sanitario prodotti dalla grande industria e dallo sfruttamento dei
fossili», come ha ricordato in Commissione Ambiente alla Camera dei
Deputati nel suo intervento contro lo Sblocca Italia la portavoce M5S Mirella
Liuzzi, «questi tre geniali economisti pro-società minerarie, varano
quest’altra trovata economica che spillerà spiccioli e non sostanza alle
società minerarie. Le quali, grate, continueranno a trovare conveniente
perforare in Basilicata e in altura, oltre i 600 metri di altitudine, dove è
altissimo sia il rischio sismico che di inquinamento irreversibile dell’acqua
dolce».
In Basilicata le società minerarie estraggono circa 35 milioni di barili di
greggio all’anno, per un affare, al prezzo medio internazionale di borsa di 100
dollari per barile, di circa 3,5 miliardi di dollari (più di 3 miliardi di
euro). A questi introiti bisogna aggiungere i guadagni della desolforizzazione
fatta nel centro oli di Viggiano (producono composti azotati per l’agricoltura)
e quelli della raffinazione di ognuno di questi 35 milioni di barili, circa 5
miliardi e mezzo di litri, fatta alla raffineria Eni di Taranto, o all’estero
col “franco frontiera” (per evadere le tasse in Italia).
Nonostante le cifre paventate, il giacimento lucano sarebbe in teoria poco
conveniente per le società minerarie, perché è di piccola dimensione (appena
800 milioni di barili – stime Nomisma e Aspo) e perché il petrolio si trova a 4
km di profondità (sono altissimi i costi di estrazione). Ma Eni & C., in
Basilicata, godono di un’area franca perché la classe politica non pone limiti
al loro strapotere, non pone regole ai loro bisogni commerciali e, quel che è
più grave, non pone controlli adeguati e sufficienti a tutela degli enormi bacini
idrici e dell’elevato rischio sismico. Se non ho regole, non ho ostacoli e non
ho controlli adeguati, ho solo guadagno da calcolare, anche da un piccolo e
profondo giacimento.
Come hanno più volte ricordato in questo anno e mezzo di attività
parlamentare, il portavoce M5S al Senato, Vito Petrocelli e Mirella Liuzzi alla
Camera, non c’è alcun ritorno per l’economia lucana, in quanto le società
minerarie lasciano in Basilicata solo briciole e macerie: appena 261 assunti
stabilizzati tra operai e impiegati, circa 400 lavoratori stagionali in media,
circa 60 milioni di euro alla Regione (più la quota dello Stato di circa 30
milioni), circa 18 milioni ai Comuni, circa 30 milioni di bonus card e un
futuro certo di desertificazione sociale, economica, ambientale e sanitaria che
finirà di stramazzare e spopolare questa terra.
Mirella Liuzzi, M5S Camera deiDeputati - Vito Petrocelli, M5S Senato dellaRepubblica
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