Dodici giorni festivi in cui gli esercizi commerciali devono
rimanere chiusi, con la possibilità di deroga per sei ulteriori giorni. E'
l'effetto della proposta di legge già approvata alla Camera a settembre dello
scorso anno e che dopo un anno di stallo ha ripreso il suo iter al Senato in
seconda lettura.
Per Confcommercio Imprese Italia
Potenza "è necessario proseguire verso la realizzazione di una
regolamentazione minima
e ragionevole in materia di orari dei negozi, peraltro assolutamente compatibile con i principi e le prassi prevalenti in Europa in materia di libertà di concorrenza. L'obiettivo è quello di arrivare ad avere deroghe certe all'interno di un chiaro quadro normativo. Solo così si può contribuire a consolidare il modello distributivo italiano, fatto di piccole, medie e grandi imprese, consentendo ai territori di valorizzare la propria vocazione turistica e commerciale. Allo stesso tempo si rispetterebbe il valore sociale di queste imprese, mantenendo un adeguato livello nell'offerta dei servizi ai consumatori".
e ragionevole in materia di orari dei negozi, peraltro assolutamente compatibile con i principi e le prassi prevalenti in Europa in materia di libertà di concorrenza. L'obiettivo è quello di arrivare ad avere deroghe certe all'interno di un chiaro quadro normativo. Solo così si può contribuire a consolidare il modello distributivo italiano, fatto di piccole, medie e grandi imprese, consentendo ai territori di valorizzare la propria vocazione turistica e commerciale. Allo stesso tempo si rispetterebbe il valore sociale di queste imprese, mantenendo un adeguato livello nell'offerta dei servizi ai consumatori".
“Vale la pena ricordare – sottolinea Fausto De Mare, presidente
Confcommercio Potenza – come la totale liberalizzazione del commercio avviata
all’inizio del 2012 non abbia prodotto né maggiore concorrenza, obiettivo
impossibile da raggiungere visto il già elevato grado di liberalizzazione del
settore, né particolari stimoli ai consumi o all’occupazione. Le nostre
critiche – continua – riguardano tanto il piano giuridico quanto quello
empirico, relativo, cioè agli effetti attuali e prospettici dell’assenza di
regole sugli assetti concorrenziali: sosteniamo che il sistema distributivo
italiano corra un serio pericolo di perdita di valore per i consumatori e per
le imprese; la totale assenza di regole prelude al tramonto del pluralismo
distributivo, nel nostro paese, uno dei pochi modelli funzionanti di governance
aperta e plurale di un mercato concorrenziale. E anche i dati più recenti
indicano che le imprese del commercio al dettaglio continuano a chiudere – poco
meno di 23mila nei primi tre mesi di quest’anno con un saldo negativo per oltre
10mila unità rispetto alle nuove aperture – e i consumi continuano a mostrare
ritmi di ripresa ancora inadeguati a recuperare quanto perso dal 2007 ad oggi
(-7,6%) e comunque insufficienti a dare qualche beneficio ai negozi di
vicinato”.
La liberalizzazione “totale” degli orari – afferma ancora De Mare – si è scontrata con un dissenso diffuso, che non
riguarda soltanto le categorie direttamente interessate, ma tocca anche Regioni
ed enti locali. Altri paesi tutelano i piccoli negozi,
qui non teniamo conto della vita delle persone", continua. Alcuni Paesi
Europei, ad esempio, prevedono la chiusura domenicale degli esercizi
commerciali con, in alcuni casi, deroghe per panifici, tabaccherie, edicole,
fioristi, distributori di benzina o per attività in luoghi particolari come
aeroporti e scali marittimi. In certi casi si prevede anche la possibilità,
solo per gli esercizi di piccole superfici, di aprire la saracinesca la
domenica a propria discrezione. Insomma, si cerca di stabilire un equilibrio
tra l'impatto dirompente che la deregolamentazione sulle aperture domenicali
può avere sulla vita dei lavoratori e dei negozi, la sfida sulla concorrenza
lanciata dalle grandi superfici e le esigenze dei consumatori. Per questo continueremo a dialogare con le
istituzioni per giungere ad una soluzione che garantisca una regolamentazione
degli orari dei negozi con l'obiettivo di consolidare il modello distributivo
italiano, fatto di piccole, medie e grandi imprese, consentendo ai territori di
valorizzare la propria vocazione turistica e commerciale, anche in particolari
periodi dell'anno, e alle imprese di contenere i costi e di avere una corretta
e certa attività di gestione”.
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