La legalità è un concetto semplice e complesso da spiegare
innanzitutto alle giovani generazioni. Senza legalità non c'è società,
non c'è stato, non c'è perfino comunità. E' dunque un bisogno politico,
sociale e civile. E' questo il messaggio che i l Generale Angiolo Pellegrini
lancia a Sasso di Castalda in occasione della presentazione del libro “Noi, gli
uomini di Falcone”, scritto con il giornalista calabrese Francesco Condoluci.
Nella sala della biblioteca comunale insieme all'autore che ha raccontato,
ricostruendo i fatti degli anni di impegno a contrastare la mafia - dall’uccisione
del Generale Dalla Chiesa agli attentati contro Falcone e Borsellino – insieme al
sindaco e vice sindaco di Sasso Rocchino Nardo e Rocco Stella, tanti cittadini
che hanno partecipato ad uno degli eventi voluti dall'Amministrazione
Comunale per le Giornate della Legalità.
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Angiolo Pellegrini, generale dei Carabinieri in pensione, è uno degli ultimi
protagonisti ancora in vita di una stagione tragica e irripetibile che caratterizzò
la storia della Sicilia nonché dell’Italia intera degli anni Ottanta. Il libro – non
casuale il “Noi” - ha l’intento di “ ricostruire dall’interno, a ritmo serrato, il
periodo più drammatico ed eroico della guerra a Cosa Nostra: quello che vide
uno sparuto gruppo di uomini coraggiosi combattere davvero e dare una nuova
speranza alla Sicilia ” sostiene il Generale. Il suo racconto ha trascinato i
partecipanti attraverso una minuziosa ricostruzione dell’attività svolta dalla
sezione Anticrimine dei Carabinieri di Palermo comandata da Pellegrini , che dal
1981 al 1985 si rese protagonista di numerosi successi investigativi a supporto
di una magistratura che faceva sul serio e in cui spiccava il giudice Giovanni
Falcone. Investigatori e magistrati con la “schiena dritta” che contro la mafia
pianificarono una lotta serrata : una schiera di uomini che negli anni Ottanta, a
Palermo principalmente ma in tutta la Sicilia e in varie parti del mondo,
combatté una guerra che da istituzionale era finita per diventare quasi
personale. Tutto questo, naturalmente, comportò un tributo altissimo in termini
di sangue e sacrifici, riportati con minuziosa ricostruzione storica all’interno di
un testo che ripercorre la vita professionale di Pellegrini da quando, nel lontano
dicembre del 1980, ebbe notizia del suo trasferimento a Palermo. Il capitano
Pellegrini, ossia “Billy the Kid” come lo chiamavano i suoi uomini e i suoi
nemici , aveva un conto aperto con “Cosa Nostra” (termine coniato da Tommaso
Buscetta , il boss dei due mondi) fuori e dentro il Palazzo, che si è chiuso
soltanto con il suo forzato allontanamento quando la nomina a comandante
provinciale dei Carabinieri di Palermo sembrava ormai certa. Una stagione
incredibile, quella di quegli anni, in cui caddero veri e propri eroi come
Montana, Chinnici, Dalla Chiesa, Cassarà, Falcone e Borsellino. “Potevamo
arrestarli tutti – è l’amara e dolorosa riflessione del generale su quegli anni
epici – mafiosi e pezzi infedeli dello Stato, ma qualcuno, ai piani alti, sul più
bello si è tirato indietro”.
La lezione finale del Generale Pellegrini risulta essere la prima vera
testimonianza diretta di chi ha affiancato il Giudice Giovanni Falcone e il suo
pool nella lotta alla mafia siciliana . Il più soddisfatto per la ricchezza di
emozioni e messaggi prima di tutto di impegno civile è il vice sindaco Rocco
Stella che ha preparato l'incontro senza lasciare spazio alla retorica o allo
scontato, anche perchè – sottolinea – la comunità di Sasso conserva forte la
memoria del giovane medico Mimmo Beneventano ucciso dalla camorra, che
amava profondamente Sasso, dove la gente non lo ha dimenticato. La natura, camminare, condividere, rispettare gli altri, la lealtà, non lasciare dietro
nessuno, lo stare insieme, la libertà, l'insegnamento di vita di Mimmo
Beneventano e di tutti quelli che hanno sacrificato tutto per la propria onestà.
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