In occasione della Giornata della MEMORIA, che ricorre ogni anno il 27 gennaio per commemorare
le vittime dell’OLOCAUSTO, mercoledì 29 gennaio 2020, alle ore 10,30 presso l’Auditorium
dell’Istituto Comprensivo Berardi-Nitti di Melfi, si terrà un incontro-dibattito finalizzato a sollecitare
pensieri e riflessioni sui tragici avvenimenti del Novecento. Dopo i saluti della Dirigente Scolastica
Maria Filomena Guidi, del Sindaco Livio Valvano e di Peppino Brescia dell’ANPI di Melfi, verrà
proposto del materiale autentico, scaturito dalle ricerche storiche condotte dal prof. Fabrizio
Nocera dell’UNIVERSITA’ DEL MOLISE. Gli alunni avranno modo di ascoltare le testimonianze dello
studioso Nocera e seguiranno alcuni interventi degli alunni della scuola secondaria di I, che
illustreranno i diversi lavori di ricerca e di approfondimento sui Militari Italiani Internati. L’incontro
avrà un carattere interlocutorio e gli alunni saranno invitati ad intervenire con riflessioni personali.
“La dirigente Guidi sottolinea che quest’anno la scuola ha voluto ricordare chi ha combattuto la
guerra e poi è stato tradito. I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich
1943–1945 sono stati Traditi, Disprezzati e principalmente Dimenticati. Questi tre aggettivi sono i
più appropriati per descrivere la situazione in cui si sono trovati i 600.000 italiani dopo l’8
settembre 1943.
Gli "schiavi di Hitler" avevano poco più di vent’anni, ed erano sparsi per mezza Europa, cintati da
filo spinato, sottoposti a fame, malattie, schiavitù, violenza, minaccia delle armi e al lavoro forzato:
ne 50.000 morirono... La prigionia nei lager tedeschi va considerata parte integrante della
resistenza antifascista e si iscrive a pieno titolo nella storia della Resistenza che ebbe molte forme”.
Ci racconta come nell'autunno del 1943, circa 800.000 soldati italiani vengono catturati e disarmati
dai tedeschi. Si trovano in patria o all'estero, tra Iugoslavia, Francia, Albania, Grecia e isole
dell'Egeo, Polonia, paesi baltici e Unione Sovietica. Di questi, circa 650.000 mila finiscono, dopo
viaggi interminabili in nave e nei famigerati vagoni piombati, nei campi di prigionia tedeschi in
Germania, Austria ed Europa orientale. Il regime nazista non considera i nostri soldati catturati
come prigionieri di guerra, ma li classifica presto come “internati militari italiani” (IMI), privandoli
delle tutele garantite ai prigionieri dalla Convenzione di Ginevra. Durante l'internamento, i militari
italiani vengono incessantemente invitati, in cambio della liberazione, ad arruolarsi nelle forze
armate tedesche e soprattutto nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana. La stragrande
maggioranza degli internati rifiuta, dando vita a una forma di Resistenza “disarmata” o “passiva”.
Molti si oppongono a qualsiasi tipo di collaborazione; tutti si rassegnano alle tragiche condizioni di
vita dei lager.
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