L’effetto combinato del Covid e del crollo dei consumi del 10,8%
porta a stimare la chiusura definitiva in tutto il Paese di oltre
390mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi di
mercato , di cui tra 1.300-1.500 attività differenti solo in provincia di
Potenza, fenomeno non compensato dalle 85mila nuove aperture
nazionali, di cui tra 250-350 stimate a fine anno solo in provincia di
Potenza. Sono dati del Centri Studi Confcommercio che precisa che
per questa nuova valutazione la base di riferimento è la consistenza
delle imprese attive del commercio non alimentare e dei servizi a
fine 2019 desunta dagli archivi del Registro delle Imprese delle
Camere di Commercio. Per restare alla provincia di Potenza le
imprese realmente attive, al terzo trimestre 2020, sono 7.759 di cui
le più numerose (4.975 esercizi) sono di commercio al dettaglio e
1.625 di commercio all’ingrosso. La cessazione “ufficiale” (registrata
da Movimprese-Unioncamere) è intorno alle 70-80 unità a trimestre.
Questa fonte permette di avere, con un dettaglio elevato per
ciascuno dei due macro-settori, una rappresentazione delle imprese
effettivamente operanti. Gli indicatori considerati per la stima delle
chiusure sono la quota delle imprese individuali settore per settore
e la caduta della domanda rivolta al settore stesso, considerato in
senso lato (lo shock subito dall’impresa al dettaglio si trasmette
quasi integro al grossista, per esempio).
I dati di base, come visto, si riferiscono alle imprese attive dei
registri camerali poiché a questi si può fare riferimento per una
valutazione sulla mortalità. Tuttavia, mortalità e cancellazione dai
registri camerali sono momenti differenti del fine vita di un’impresa.
Non vi è coincidenza tra i due momenti e, ovviamente, la
cancellazione quasi sempre segue la chiusura sostanziale
dell’attività. Ciò è particolarmente vero nell'anno in corso.
Per Confcommercio la chiusura delle imprese non si vede ancora nei
dati trimestrali di Movimprese dei primi nove mesi del 2020, mentre
l'aspettativa degli osservatori e le previsioni degli esperti sono di un
incremento significativo delle cancellazioni nei primi sei mesi
dell’anno prossimo. In questa nota, dunque, cancellazione, chiusura
e mortalità sono utilizzati come termini equipollenti perché le
valutazioni si riferiscono al nuovo equilibrio che si registrerà dopo
l'anno in corso quando la cancellazione sancirà ufficialmente la
chiusura di un'impresa (e gli aspetti formali e sostanziali
coincideranno).
Di qui la valutazione: l’emergenza sanitaria, con tutte le
conseguenze che ne sono derivate, restrizioni e chiusure
obbligatorie incluse, ha acuito drasticamente il tasso di mortalità
delle imprese che, rispetto al 2019, risulta quasi raddoppiato per
quelle del commercio (dal 6,6% all’11,1%) e addirittura più che
triplicato per i servizi di mercato (dal 5,7% al 17,3%) .
I "numeri" delle chiusure
Delle 240mila imprese “sparite” dal mercato a causa della
pandemia, 225mila si perdono per un eccesso di mortalità e 15mila
per un deficit di natalità. Una riduzione del tessuto produttivo che
risulta particolarmente accentuata tra i servizi di mercato, che si
riducono del 13,8% rispetto al 2019, mentre nel commercio rimane
più contenuta, ma comunque elevata, e pari all’8,3%.
Tra i settori più colpiti , nell’ambito del
commercio, abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-
11,8%) e distributori di carburante (-10,1%); nei servizi di
mercato le maggiori perdite di imprese si registrano, invece,
per agenzie di viaggio (-21,7%), bar e ristoranti (-14,4%)
e trasporti (-14,2%). C’è poi tutta la filiera del tempo
libero che, tra attività artistiche, sportive e di intrattenimento, fa
registrare complessivamente un vero e proprio crollo con
la sparizione di un’impresa su tre .
Alla perdita di imprese va poi aggiunta anche quella relativa
ai lavoratori autonomi , ovvero quei soggetti titolari di partita Iva
operanti senza alcun tipo di organizzazione societaria. Si stima
la chiusura per circa 200mila professionisti tra ordinistici e
non ordinistici , operanti nelle attività professionali, scientifiche e
tecniche, amministrazione e servizi, attività artistiche, di
intrattenimento e divertimento e altro.
Fausto Demare, presidente Confcommercio Potenza, commenta:
“Sono cifre impietose quelle diffuse dal Centro Studi confederale.
Nella realtà del comparto commercio-servizi della provincia di
Potenza, che è fatta al 98% da microimprese, diventano ancor più
allarmanti. Il nostro presidente nazionale Carlo Sangalli usa un
termine ad effetto e al tempo stesso molto efficace sostenendo che
oltre all’indispensabile vaccino sanitario, c’è bisogno del vaccino
economico, cioè indennizzi finalmente adeguati al crollo dei
fatturati e l’utilizzo di tutte le risorse europee per rimettere in modo
l’economia del nostro Paese . Continuiamo a chiedere con forza al
governo ristori tempestivi e adeguati alle cadute di fatturato delle
imprese. Le perdite 2020 sono senza precedenti, servono ristori
tempestivi e adeguati alle cadute di fatturato. E c’è necessità di
moratorie fiscali più ampie e inclusive" .
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