Il Csail non ricerca alcuna
“guerra” tra siciliani e lucani senza lavoro ma non può che sottolineare la
solita sceneggiata dell'Eni che smentisce ed occulta la realtà. Al Centro Oli di Viggiano, in precedenza per
i lavori della Quinta linea, sono già arrivati ben 1.650 siciliani che , come è
stato accertato, non hanno alcuna professionalità specifica al lavoro che
svolgono. Quindi le
giustificazioni dell’Eni le conosciamo
già e questa volta il fermo dell’impianto di Gela è solo l’ennesima scusa.
Lo sostiene in una nota il presidente del Csail – Filippo Massaro - Tutto ciò mentre assistiamo
all’intensificazione dell'emigrazione di
giovani e meno giovani lavoratori che non trovano lavoro in Basilicata
(specialmente in Val d'Agri) con professionalità specifica e sono costretti ad andare al nord o nei paesi europei. Guardiamo adesso
con attenzione al nuovo reclutamento Eni su scala nazionale di figure
professionali specifiche per verificare quanti lucani saranno assunti.
Dunque - continua Massaro - in Basilicata si verifica uno strano fenomeno
di emigrazione forzata di migliaia di giovani
e contemporaneamente l'immigrazione in Val d'Agri (voluta e decisa
dall'Eni con l'avallo della politica regionale), di migliaia di "operai comuni " che si
appropriano dei diritti degli abitanti del Territorio Petrolifero lucano.
Ripeto – aggiunge l’ing. Massaro - : il popolo lucano non ha nulla
contro gli operai extra-regionali però c'è rabbia contro le istituzioni
che non sanno, o meglio, non sono in
grado di costruire le condizioni di
confronto con l'Eni che con la solita arroganza spadroneggia perché protetto
dai governi regionale e Nazionale. Il risultato –
conclude Massaro - : intere famiglie lucane vengono
mortificate senza potersi ribellare, mentre i sindaci del territorio,
subdoli , fanno la solita “sceneggiata” di propaganda dichiarandosi ribelli e
contestatari ma sono consci di essere sciocchi dipendenti "indiretti" dei
politici e dell'Ente petrolifero.
Filippo Massaro, Csail
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