Presidente Pittella, È di solo qualche giorno
fa la notizia dell’ultimo studio europeo che classifica la Basilicata tra le
regioni più povere d'Europa, con un Pil pro-capite pari al 69% della media
europea. Di per sé i numeri
rischiano però di assuefarci, se non fosse per le drammatiche situazioni che
coinvolgono non solo bilanci e statistiche, bensì le sofferenze di uomini e
donne in carne e ossa. Parliamo di uomini e donne che non hanno un lavoro, che
non lo hanno mai avuto o lo hanno perso a causa di una crisi produttiva senza
precedenti.
La fotografia del nostro
paese, nonostante le rassicurazioni che spesso arrivano dai piani alti di una
politica sempre più distante dalle difficoltà di chi deve misurare,
quotidianamente, il proprio scivolamento verso la povertà – relativa o assoluta
– è la fotografia di un paese reale molto lontano dalla fiaba della ripresa, e
basterebbe uscire dai palazzi di cristallo in cui spesso si è chiusi per
comprenderne il portato.
Nel quadro nazionale la
situazione lucana, così come descritto dallo studio europeo citato come incipit
alla presente, assume i contorni di un surplus di drammaticità, quest’ultima
appena celata e occultata dalla ripresa produttiva all’interno dello
stabilimento Sata di Melfi. Registriamo tassi di disoccupazione giovanile che
hanno superato da un pezzo quelli che venivano definiti, solo qualche anno fa,
livelli minimi per la tenuta democratica; assistiamo a una fuoriuscita oramai
quotidiana di padri e madri di famiglia dai processi produttivi; assistiamo a
una emigrazione di ritorno da far impallidire anche le stagioni in cui le
percentuali di ‘fuga’ di giovani e meno giovani ci facevano gridare al
disastro. Giovani che scappano non per fare fortuna, non per
arricchirsi, ma sempre più spesso per pura sopravvivenza. Parliamo di tremila
giovani che ogni anno lasciano questa nostra terra (immagina cosa significano,
presidente, in una piccola regione come la nostra, tremila giovani che ogni
anno vanno via senza farvi ritorno?)
Di fronte a
queste drammaticità forse finisce anche il senso della polemica, perché
dovrebbe essere compito della politica tutta provare a lavorare a un piano
straordinario e allo stesso tempo strutturale per permettere, a chi rischia di
uscire definitivamente dallo spazio dell’esercizio della cittadinanza, di
ritrovare la propria dignità. Straordinario perché ‘straordinaria’ è la
situazione venutasi a determinare con una delle più gravi crisi che ha colpito
non solo il nostro paese – e, con esso, in maniera ancora più pesante il
Mezzogiorno e la Basilicata – ma l’intero occidente capitalistico. Strutturale
perché, come molti hanno osservato, nella straordinarietà delle dimensioni,
questa crisi è anche costituente un nuovo ordine sociale.
È arrivato
il momento, presidente, di istituire un tavolo istituzionale – dal sottoscritto
più volte invocato – in cui, ciascuno nel suo ruolo e per la sua funzione,
possa apportare idee e proposte provando a fornire risposte alle tante, troppe
emergenze in corso. Un tavolo in cui si provi a mettere temporaneamente da
parte anche le legittime diversità esistenti tra noi e al quale non dovranno,
né potranno mancare, i rappresentanti sociali che, quotidianamente, misurano il
disagio delle lucane e dei lucani.
Serve
urgente una garanzia di accesso a un reddito di quante e quanti oggi ne
rimangono sprovvisti, vedendo deteriorare la propria condizione materiale ma
anche venendo colpiti in quella dignità che mai dovrebbe essere messa in
discussione.
Qualche giorno fa un
Comitato costituito da associazioni, sindacati, partiti e singoli cittadini ha
consegnato al consiglio regionale – con il sostegno di oltre duemila firme –
una proposta di legge regionale per la istituzione di un Reddito Minimo
Garantito: una misura di tipo universalistico e su base individuale che nel suo
configurarsi come misura strutturale, ha il merito di unire la necessità a dare
risposta a quante e quanti oggi non hanno accesso ad alcuna forma di reddito,
al tentativo di legare la Basilicata – e il paese intero – a quella Europa in cui,
fatta eccezione per l'Italia e per la Grecia, simili forme di sostegno esistono
da decenni.
La discussione sulla
necessità d’istituire un reddito 'di cittadinanza' è finalmente fuoriuscita
dalle stanze di ristretti circoli per approdare al dibattito nazionale,
declinandosi così come necessità d’interventi strutturali che riconfigurino il
welfare state del XXI secolo. La Basilicata, su questa strada, è stata forse
un'antesignana, con una proposta di legge già presentata oltre due anni fa e su
cui, i comitati promotori – in virtù della sottoscrizione di quella proposta di
oltre cinquemila lucani – sono già stati 'auditi' dalla IV Commissione
regionale. A quella proposta si aggiunge quella degli scorsi giorni di cui
sopra.
Di fronte ai numeri della
drammaticità sociale che ci circonda, la Basilicata potrebbe trovare il
coraggio di passare da regione antesignana a regione laboratorio, anche in
virtù della limitata platea in termini assoluti su cui provare a sperimentare
misure innovative di welfare in grado di fuoriuscire dalla umiliazione in cui
le persone – e con esse le famiglie – vengono gettate da crisi occupazionali
ataviche che oggi incrociano anche la crisi globale.
Spesso Lei presidente ha
parlato di un tempo del coraggio. Il coraggio è una categoria delicata da
maneggiare, almeno quanto delicato è lo stato di depressione in cui sono
gettate le lucane e i lucani. Però le questioni delicate vanno affrontate di
petto. Ecco perché Le chiedo di assumere una iniziativa che, partendo dalle
proposte già consegnate al consiglio e su cui si sono espressi i lucani
sottoscrivendole, si dia attuazione a misure universali e strutturali che ci
permettano di uscire dal medioevo sociale in cui la nostra regione e le sue
genti sono gettate.
Sen. Giovanni BAROZZINO
Sinistra Ecologia Libertà
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