La politica di intervento statale dovrebbe
imprimere una opportuna terapia propulsiva ad una regione d' Italia, la
Lucania, la cui struttura geografica e le condizioni geologiche l' hanno
costretta per lungo tempo a durevoli immobilismi civili, sociologici ed
economici. Essa è stata una delle regioni del Mezzogiorno maggiormente colpita
dalla miseria, dalle precarie condizioni di vita civile, dalla lotta per l'
esistenza, restando per innumerevoli anni rinchiusa moralmente o socialmente
nei confini geografici con i suoi importanti problemi da risolvere, sommessa e
silenziosa poiché il suo grido implorante, che si sarebbe dovuto levare dal profondo dell' animo di una modesta
società rassegnata a rinunciare alla dignità di una vita civile, sarebbe
restato vox in deserto clamans:
perché resa flebile dal rombo delle macchine laboriose nelle fabbriche e
negli stabilimenti industriali del Nord.
Ma la miriade dei complessi problemi definiti con la denominazione di "questione meridionale" si è affacciata alla ribalta dell' intera Nazione con imperiosità ed urgenza tali da affrontare, in tutto il territorio italiano, le cause remote e presenti, i motivi psicologici e sociologici; in altri termini, le difficoltà che impediscono certo sviluppo economico e processo civilizzatore nel Meridione e, più in particolare, in Lucania. La sua voce, cioè, dapprima afona, finalmente è stata udita; anzi oggi risulta interessante occuparsi della tematica meridionalistica divenuta argomento di attualità. Purtroppo non è un tema che suscita entusiasmo nella sua trattazione; però, proprio a causa dell' entità e della gravosità dei problemi da cui è attanagliata la Lucania, è sorto un vivo interesse fra cronisti, esponenti politici, economisti e saggist,i i quali sono riusciti a destare questa regione dal torpore psicologico in cui era caduta per molto tempo.
La Basilicata quindi sta vivendo la sua prima stagione primaverile in quanto è simbolo della rinascita, della speranza.
I primi ad impugnare l’iniziativa del “fare” sono stati i giovani. Essi hanno udito e risposto all’appello lancinante, desiderosi di battersi per costituire una nuova società libera dallo stato miserevole degno di compassione e dal conseguenziale disagio di subordinazione psicologica alle altre società regionali più evolute. Hanno cioè avvertito la necessità di agire insieme per il loro bene sociale, prescindendo dall’interesse materiale, individualistico; mentre la loro istintiva incapacità di accomunarsi è stata vinta dallo spirito di emulazione, dal fabbisogno strettamente necessario e dall’innato orgoglio.
La maggioranza dei lucani costituita dalla massa contadina si è trasferita nel centro industriale di Torino, congiungendo l’anello della Lucania a quello del Piemonte; spezzata così la barriera divisoria, si è saldata in seguito una catena ininterrotta tra le due regioni. Infatti, non appena un emigrato lucano riesce a trovare un modesto lavoro, anche se provvisorio, getta le fondamenta della sua incerta forma di esistenza, anche se intrisa di disagi, privazioni, e sacrifici notevoli. In seguito richiama, uno dopo l’altro, i suoi congiunti fino a formare un agglomerato che col trascorrere di alcuni mesi riuscirà ad amalgamarsi con la popolazione locale, adottando le costumanze, le abitudini ed accettando il suo tenore di vita.
È noto che, per iniziativa spontanea di questi singoli operatori lucani, insieme ad altri meridionali emigrati nel triangolo industriale Torino-Genova-Milano, si è attuato il fenomeno del così detto “miracolo economico”. E ciò non basta: essi sono anche i protagonisti ed i fautori di un rinnovamento economico, civile e morale delle coscienze della gente lucana. Infatti, i giovani imprenditori, operai e contadini emigrati hanno fatto da traid-union fra la regione piemontese e la Basilicata. Vale a dire, in certi periodi di stasi lavorativa o durante i mesi estivi, spinti dal senso di nostalgia e dal radicato amore per la terra natia, i lucani del Nord tornano ai piccoli centri, ai paesucoli della Basilicata dove risiedono ancora (e forse fino alla loro estinzione) i vecchi genitori od anziani parenti, che non si sono lasciati coinvolgere dal vortice dell’entusiasmante forma di vita moderna nordica ed hanno perciò preferito restare attaccati alle vecchie abitudini locali, ai loro ricordi, ai cimeli, alle piccole cose pregne di significato tradizionalistico.
Dicevamo che, tornando in Lucania, gli stessi emigrati apportano un saggio di vita nuova, proveniente dai centri industriali, che fa presa sugli animi giovanili protesi alle novità; pronti ad assaporare il gusto delle condizioni di vita evoluta; precoci nell’imitare quel tono di modernismo specialmente per ciò che riguarda la moda nel vestire importata e quell’eleganza nel linguaggio che ha sostituito in parte l’accento dialettale.
Questi particolari, che agli occhi dell’uomo civilizzato possono apparire delle inezie, hanno invece favorito una seppur sensibile evoluzione negli ambienti lucani dove gli abitanti assimilano, imitano ed accettano con slancio e tempestività le nuove manifestazioni del vivere civile. Ciò per quanto riguarda il rinnovamento epidermico e sociale nella gente lucana.
Ma il sostanziale impulso al benessere socio-economico è stato dato dall’opera valida dell’Ente di riforma fondiaria in Puglia e Lucania. La testimonianza e l’esempio di questo efficace contributo è la trasformazione compiuta a Gaudiano, in agro di Lavello. In quel piccolo villaggio sono state costruite diverse case coloniche dotate di tutti i servizi e di ogni comodità casalinga.
La gente che le abita può accudire con la massima agiatezza ai lavori e alla cura dei campi, essendo adiacenti alle proprie abitazioni, evitando così spostamenti e perdite di tempo. Sempre a Gaudiano (che ci è servito come esempio di evoluzione economica in Lucania, ma lo stesso dicasi per tutta la regione) in ogni magione ci sono gli elettrodomestici che, quale simbolo del pensiero sociale, delineano la via al progresso dell’economia. Crediamo che Giustino Fortunato oggi si sarebbe compiaciuto quale testimone oculare del cambiamento evolutivo apportato al villaggio a lui tanto caro, dove il fratello Ernesto aveva curato per quarant’anni la tenuta familiare.
Particolare interesse dobbiamo prestare all’intervento dello Stato ed in particolare della Cassa per il Mezzogiorno, per favorire certo sviluppo culturale nella popolazione lucana con corsi di specializzazione della manodopera, scuole popolari con corsi serali che si propongono di vincere in parte l’analfabetismo esistente nella regione in alte percentuali. A Lavello, ad esempio, è stato costruito un altro edificio scolastico: un’ ala di esso è adibita all’insediamento di una scuola agraria verso cui è indirizzata una buona parte dei giovani studenti.
Inoltre, l’opera svolta dalla “Cassa” ha agevolato un rinnovamento anche in agricoltura: sono state costruite dighe ed istallati impianti di irrigazione; i superstiti agricoltori hanno sostituito alle loro braccia le macchine agricole che indubbiamente facilitano il lavoro rurale ed accelerano l’esito della produttività nei campi. Infine, la costruzione di uno zuccherificio alla periferia di Lavello ha assunto grande importanza ai fini della diretta occupazione locale: un buon numero di lucani ha trovato la fonte di lavoro e nel contempo ha potuto saggiare il gusto della dignità dell’impiego sollevandolo da uno stato di inferiorità psicologica in cui giacevano quando era dedito all’agricoltura e da uno stato di depressione e di avvilimento greve quando era disoccupato e soggiaceva sotto l'incubo dell’incertezza del vivere dignitosamente.
L’agricoltura, quindi, in Lucania si va meccanizzando, rinnovando, industrializzando; ma non è trascurabile il fatto che il sensibile sviluppo economico procede con passo omeopatico: il processo di evoluzione in Basilicata sarà sempre più lento rispetto alle zone settentrionali. È doloroso riconoscere che essa resterà a lungo la Regione meno industrializzata d’Italia e ciò a causa delle condizioni ambientali, geografiche, strutturali, sociologiche, psicologiche; ma nello stesso tempo è confortante pensare che in relazione all’intervento statale, alla capacità lavorativa e alla forza d’animo del popolo lucano di reagire al deterioramento del livello civile, si possono prospettare ottimistiche previsioni in un maggior potenziamento industriale in Basilicata.
Per realizzare il raggiungimento di questa prospettiva occorre lottare contro la mentalità feudale e lavorare per quella elevazione spirituale che è la condizione indispensabile, premessa e fondamento di ogni miglioramento della vita sociale, civile ed economica.
Ma la miriade dei complessi problemi definiti con la denominazione di "questione meridionale" si è affacciata alla ribalta dell' intera Nazione con imperiosità ed urgenza tali da affrontare, in tutto il territorio italiano, le cause remote e presenti, i motivi psicologici e sociologici; in altri termini, le difficoltà che impediscono certo sviluppo economico e processo civilizzatore nel Meridione e, più in particolare, in Lucania. La sua voce, cioè, dapprima afona, finalmente è stata udita; anzi oggi risulta interessante occuparsi della tematica meridionalistica divenuta argomento di attualità. Purtroppo non è un tema che suscita entusiasmo nella sua trattazione; però, proprio a causa dell' entità e della gravosità dei problemi da cui è attanagliata la Lucania, è sorto un vivo interesse fra cronisti, esponenti politici, economisti e saggist,i i quali sono riusciti a destare questa regione dal torpore psicologico in cui era caduta per molto tempo.
La Basilicata quindi sta vivendo la sua prima stagione primaverile in quanto è simbolo della rinascita, della speranza.
I primi ad impugnare l’iniziativa del “fare” sono stati i giovani. Essi hanno udito e risposto all’appello lancinante, desiderosi di battersi per costituire una nuova società libera dallo stato miserevole degno di compassione e dal conseguenziale disagio di subordinazione psicologica alle altre società regionali più evolute. Hanno cioè avvertito la necessità di agire insieme per il loro bene sociale, prescindendo dall’interesse materiale, individualistico; mentre la loro istintiva incapacità di accomunarsi è stata vinta dallo spirito di emulazione, dal fabbisogno strettamente necessario e dall’innato orgoglio.
La maggioranza dei lucani costituita dalla massa contadina si è trasferita nel centro industriale di Torino, congiungendo l’anello della Lucania a quello del Piemonte; spezzata così la barriera divisoria, si è saldata in seguito una catena ininterrotta tra le due regioni. Infatti, non appena un emigrato lucano riesce a trovare un modesto lavoro, anche se provvisorio, getta le fondamenta della sua incerta forma di esistenza, anche se intrisa di disagi, privazioni, e sacrifici notevoli. In seguito richiama, uno dopo l’altro, i suoi congiunti fino a formare un agglomerato che col trascorrere di alcuni mesi riuscirà ad amalgamarsi con la popolazione locale, adottando le costumanze, le abitudini ed accettando il suo tenore di vita.
È noto che, per iniziativa spontanea di questi singoli operatori lucani, insieme ad altri meridionali emigrati nel triangolo industriale Torino-Genova-Milano, si è attuato il fenomeno del così detto “miracolo economico”. E ciò non basta: essi sono anche i protagonisti ed i fautori di un rinnovamento economico, civile e morale delle coscienze della gente lucana. Infatti, i giovani imprenditori, operai e contadini emigrati hanno fatto da traid-union fra la regione piemontese e la Basilicata. Vale a dire, in certi periodi di stasi lavorativa o durante i mesi estivi, spinti dal senso di nostalgia e dal radicato amore per la terra natia, i lucani del Nord tornano ai piccoli centri, ai paesucoli della Basilicata dove risiedono ancora (e forse fino alla loro estinzione) i vecchi genitori od anziani parenti, che non si sono lasciati coinvolgere dal vortice dell’entusiasmante forma di vita moderna nordica ed hanno perciò preferito restare attaccati alle vecchie abitudini locali, ai loro ricordi, ai cimeli, alle piccole cose pregne di significato tradizionalistico.
Dicevamo che, tornando in Lucania, gli stessi emigrati apportano un saggio di vita nuova, proveniente dai centri industriali, che fa presa sugli animi giovanili protesi alle novità; pronti ad assaporare il gusto delle condizioni di vita evoluta; precoci nell’imitare quel tono di modernismo specialmente per ciò che riguarda la moda nel vestire importata e quell’eleganza nel linguaggio che ha sostituito in parte l’accento dialettale.
Questi particolari, che agli occhi dell’uomo civilizzato possono apparire delle inezie, hanno invece favorito una seppur sensibile evoluzione negli ambienti lucani dove gli abitanti assimilano, imitano ed accettano con slancio e tempestività le nuove manifestazioni del vivere civile. Ciò per quanto riguarda il rinnovamento epidermico e sociale nella gente lucana.
Ma il sostanziale impulso al benessere socio-economico è stato dato dall’opera valida dell’Ente di riforma fondiaria in Puglia e Lucania. La testimonianza e l’esempio di questo efficace contributo è la trasformazione compiuta a Gaudiano, in agro di Lavello. In quel piccolo villaggio sono state costruite diverse case coloniche dotate di tutti i servizi e di ogni comodità casalinga.
La gente che le abita può accudire con la massima agiatezza ai lavori e alla cura dei campi, essendo adiacenti alle proprie abitazioni, evitando così spostamenti e perdite di tempo. Sempre a Gaudiano (che ci è servito come esempio di evoluzione economica in Lucania, ma lo stesso dicasi per tutta la regione) in ogni magione ci sono gli elettrodomestici che, quale simbolo del pensiero sociale, delineano la via al progresso dell’economia. Crediamo che Giustino Fortunato oggi si sarebbe compiaciuto quale testimone oculare del cambiamento evolutivo apportato al villaggio a lui tanto caro, dove il fratello Ernesto aveva curato per quarant’anni la tenuta familiare.
Particolare interesse dobbiamo prestare all’intervento dello Stato ed in particolare della Cassa per il Mezzogiorno, per favorire certo sviluppo culturale nella popolazione lucana con corsi di specializzazione della manodopera, scuole popolari con corsi serali che si propongono di vincere in parte l’analfabetismo esistente nella regione in alte percentuali. A Lavello, ad esempio, è stato costruito un altro edificio scolastico: un’ ala di esso è adibita all’insediamento di una scuola agraria verso cui è indirizzata una buona parte dei giovani studenti.
Inoltre, l’opera svolta dalla “Cassa” ha agevolato un rinnovamento anche in agricoltura: sono state costruite dighe ed istallati impianti di irrigazione; i superstiti agricoltori hanno sostituito alle loro braccia le macchine agricole che indubbiamente facilitano il lavoro rurale ed accelerano l’esito della produttività nei campi. Infine, la costruzione di uno zuccherificio alla periferia di Lavello ha assunto grande importanza ai fini della diretta occupazione locale: un buon numero di lucani ha trovato la fonte di lavoro e nel contempo ha potuto saggiare il gusto della dignità dell’impiego sollevandolo da uno stato di inferiorità psicologica in cui giacevano quando era dedito all’agricoltura e da uno stato di depressione e di avvilimento greve quando era disoccupato e soggiaceva sotto l'incubo dell’incertezza del vivere dignitosamente.
L’agricoltura, quindi, in Lucania si va meccanizzando, rinnovando, industrializzando; ma non è trascurabile il fatto che il sensibile sviluppo economico procede con passo omeopatico: il processo di evoluzione in Basilicata sarà sempre più lento rispetto alle zone settentrionali. È doloroso riconoscere che essa resterà a lungo la Regione meno industrializzata d’Italia e ciò a causa delle condizioni ambientali, geografiche, strutturali, sociologiche, psicologiche; ma nello stesso tempo è confortante pensare che in relazione all’intervento statale, alla capacità lavorativa e alla forza d’animo del popolo lucano di reagire al deterioramento del livello civile, si possono prospettare ottimistiche previsioni in un maggior potenziamento industriale in Basilicata.
Per realizzare il raggiungimento di questa prospettiva occorre lottare contro la mentalità feudale e lavorare per quella elevazione spirituale che è la condizione indispensabile, premessa e fondamento di ogni miglioramento della vita sociale, civile ed economica.
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