RIPACANDIDA E GLI AFFRESCHI DI SAN DONATO


Il ciclo pittorico richiama quello giottesco della Basilica Francescana di Assisi 
di Michele Traficante

La chiesa di San Donato, posta all’ingresso orientale di Ripacandida, è dedicata al Santo patrono del paese, la cui statua troneggia sul pilastro dell’arco trionfale interno.Oltre la struttura architettonica barocca, ci sono anche una pregevole Madonna degli Angeli del Pietrafesa ed il portale del VII secolo.

La chiesa, le cui prime notizie si rifanno ad una Bolla di papa Eugenio III del 1152, pare edificata su un preesistente edificio religioso. Tuttavia “la forma ogivale della chiesa – come ha scritto il parroco emerito di Ripacandida, mons.Giuseppe Gentile - ci richiama allo stile gotico con influsso arabo”.Viene quindi ipotizzato un rapporto con il monachesimo benedettino e, per esso con i Verginaiani della Riforma e San Guglielmo da Vercelli”, che nel 1107 peregrinò la zona del Vulture fondando numerosi monasteri”.In un lavoro inedito su Ripacandida di suor M.Stella di Bethlem del 1975, a proposito della chiesa di San Donato, si legge: ”la sua struttura ogivale bisognerà attribuirla senz’altro all’arte bizantino-pugliese con influssi arabi dei secoli X e XI”. 


Il prof.Sabino Iusco, in un approfondito studio pubblicato nel 1999 sulla Rivista Basilicata Notizie, dal titolo”Gli affreschi della chiesa di San Donato a Ripacandida”, ha definito la chiesa di San Donato di Ripacandida la “piccola Assisi” della Basilicata, per il tipico impianto francescano ad aula unica, priva di transetto e con coro rettilineo” e per “ le tre campate voltate a crociera ogivale”.


Egli ha sostenuto la destinazione della chiesa ad una comunità francescana, per la presenza della serie di santi nelle pilastrate, e la cui costruzione, con annesso convento, risalirebbe ai primi anni del XVI secolo.


D’altra parte, sempre mons. Giuseppe Gentile afferma ”La presenza a Ripacandida dei figli di San Francesco risale storicamente nel 1605, quando il vescovo di Melfi, mons. Placido della Marra, concesse ai frati Minori dell’Osservanza la chiesa di San Donato “extra oppidum Ripacandidae” (fuori l’abitato) e alcune adiacenze allo scopo di costruirvi un convento.I frati francescani provenivano dalla Provincia religiosa di S.Nicola di Bari”.La dott.ssa Maria Curto, nella sua tesi di laurea del 1999, rileva una “sorprendente corrispondenza tra l’unitarietà e la chiarezza compositiva della struttura architettonica del convento e della chiesa di san Donato e l’unitarietà e la chiarezza espressiva dell’intero complesso organico del ciclo pittorico.


Ciò – aggiunge la Curto – induce a supporre che l’originario impianto compositivo di quest’ultimo sia stato ordito da un unico artista[…] in una corale armonizzazione d’insieme”.
Ed è proprio sugli affreschi della chiesa di San Donato che si sono avuti i maggiori contributi da parte di valenti studiosi della storia dell’arte (fra cui il critico d’arte Vittorio Sgarbi), sia per quanto riguarda la datazione, sia gli autori e sia sul piano artistico ed interpretativo. 



Fra questi di notevole interesse il corposo studio del prof. Nicola Tricarico, il quale, sulla scorta delle ricerche di altri illustri studiosi, ha tracciato un quadro, seppur non esaustivo, della storia della chiesa di San Donato e degli affreschi in essa esistenti.Soprattutto egli, fra l’altro, pare venga a capo degli artisti che, in epoche diverse, realizzarono i vari momenti del ciclo pittorico. A partire da quel Nicola di Novi (in provincia di Salerno) e non di Novasiri, che progettò e realizzò, in tempi diversi, buona parte degli affreschi (fra cui l’estasi di San
Francesco), poi ripresi e completati, fra altri, da tale Antonello Palumbo di Chiaromonte.


Gli affreschi richiamano i grandi cicli pittorici di Giotto e di Michelangelo, anche se non minimamente paragonabili all’intensità espressiva, alla perfezione tecnica alla grandiosità scenica e progettuale dei due sommi artisti italiani.




Tuttavia si resta ammirati dalla complessità dell’impianto pittorico che, forse in maniera disordinata e a tratti ingenua e popolaresca, ci presenta i momenti più significativi del Vecchio Testamento e dei Vangeli.



Si ha l’impressione di trovarsi di fronte alla rappresentazione dell’epopea dantesca. Dalla fantasmagorìa dei colori e dalla complessità dei dettagli è possibile cogliere l’ansia dell’artista nel tentativo di rappresentare il dramma dell’umanità intera.



A destra di chi entra c’è “l’inferno”, la città di Dite, che si erge tra nuvolaglie di zolfo e di bitume, serpenti, draghi, idra dalle sette teste, demoni spaventosi, torture, calderoni d’olio bollente, ghigliottine e forche. 



A sinistra, invece, la beatificazione del Paradiso (Maria con attorno i nove cori degli angeli con strumenti musicali, i Beati che lodano Iddio).E, poi, la creazione del cielo e della terra; Adamo ed Eva e le bellezze del paradiso terrestre, la loro colpa e il castigo; Caino e Abele; Noè e la costruzione dell’Arca; il diluvio universale ed altre scene bibliche significative.



Di grande suggestione gli affreschi relativi al Nuovo Testamento: il Battista che predica la penitenza presso il fiume Giordano; l’Annunciazione dell’Angelo a Maria Vergine; la nascita di Gesù; l’adorazione dei Magi; la presentazione al tempio; la fuga in Egitto; l’ultima Cena; la Passione; la crocifissione e la deposizione dalla croce. 



E ancora le figure di alcuni santi: Santo Stefano, S. Lorenzo, S.Benedetto, S. Domenico, S.Francesco d’Assisi; Santa Chiara, S. Bernardino da Siena, S. Giovanni da Canestrino, S. Giacomo della Marca, S. Bonaventura, Sant’Antonio di Padova. Il tutto in una raffigurazione dettagliata ma semplice, che tuttavia affascina e spinge alla riflessione, alla meditazione sul destino dell’uomo.



“Occorre che ci si accosti ad esse- come ha concluso il prof.Nicola Tricarico, nella sua pregevele relazione letta al convegno su “ Recupero e valorizzazione degli affreschi di Ripacandada, tenutosi il 21 dicembre 2002 presso il Santuario di San Donato -, anche vedendole come opere della fede, che siano lette come testimonianza di vita di una comunità religiosa, quella francescana in particolare, e di un popolo, il ripacandidese e lucano, che sentiva e ancora sente il bisogno di nutrirsi di autentica, alta spiritualità, come quella che promana evidente dalla catechesi delle pareti di S.Donato”.



Peccato che, in parte, specie verso la porta d’ingresso, gli affreschi risultano rovinati se non cancellati.
Encomiabile   e molto importante il gemellaggio  tra il Santuario di San Donato e la Basilica Superiore di Assisi, avvenuto il 21 giugno 2004 grazie al lodevole impegno delle Pro Loco di Assisi e di Ripacandida,   che costituisce un elemento di notevole valenza religiosa,  culturale e promozionale per il piccolo centro del Vulture.



Negli ultimi tempi, in verità, grazie al fattivo ed intelligente impegno della locale Pro Loco (presidente il dinamico Gerardo Cripezzi), sono state avviate interessanti e valide iniziative, in perfetta sinergia con l’amministrazione comunale di Ripacandida, per il giusto rilancio e la valorizzazione degli affreschi della chiesa di San Donato. 













Commenti