Animali e uomini visti dal dott. Michele Libutti.


Ventidue interviste per evidenziare quanto gli animali hanno da insegnarci. 
di Michele Traficante 

Più conosco gli uomini, più amo gli animali. Questa celebre frase (in inglese: The more I know men, the more I love animals; in francese: Plus je connais les hommes, plus j'aime les animaux) è attribuita a diversi autori classici, quali Socrate e Platone. Secondo alcune fonti, la frase sarebbe stata fatta propria anche dal re di Prussia Federico II (1712-1786). Il dott. Michele Libutti di Rionero in Vulture, stimato medico di medicina generale, nella sua lunga carriera professionale che esercita da quasi quarant’anni, ha certamente avuto modo di constatare la veridicità di tale frase e le sue implicazioni nella vita sociale.

Le occasioni non gli sono certo mancate, sia per il diuturno contatto con i suoi pazienti e sia per i suoi rapporti con la società civile, avendo vissuto una breve esperienza politica quale consigliere comunale del suo paese. Egli ha talmente interiorizzato il senso di quella celebre frase che, quasi a prova della diffidenza verso gli uomini, ha affisso nella sala d’attesa del suo ambulatorio medico, a caratteri cubitali, il detto più famoso HOMO HOMINI LUPUS (L’uomo è lupo per l’altro uomo, n.d.r.), che risale al commediografo latino Plauto e divenuto sintesi del pensiero del filosofo inglese Tommaso Hobbes. Il dott. Michele Libutti, da noto uomo di lettere quale egli è e profondo conoscitore del mondo classico (ha conseguito anche la laurea in Lettere Classiche nel 2001), ha già pubblicato più di dieci volumi, tutti molto apprezzati dalla critica e dal pubblico, ed ora ha voluto esemplificare quella frase con un interessante volume dal titolo significativo Animali e uomini ovvero homo homini homo, Edizioni Nuova Prhomos, Perugia, pp.150. In copertina una vignetta di Franco Loriso E come l’ha fatto? In un modo singolare e particolarmente efficace: dialogando con alcuni animali dai quali ricava eccellenti spunti di opportuna riflessione sui vizi e le virtù degli uomini. Vittorio (leggi l’autore), il protagonista di queste storie, è un uomo privilegiato, poiché, grazie a un microfono speciale, una specie di passepartout (chiave universale, n.d.r.) riesce a capire a e farsi capire da tutti gli animali. Ne segue un’interessante serie d’interviste (ben 22), con diversi animali dai più piccoli, come il ragno e la mosca, ai più grossi, come il cammello e la balena, e in ciò l’autore si mostra buon giornalista, rendendo avvincente ed efficace il ritmo del dialogo. Che ne viene fuori da queste interviste? Anche gli animali hanno un’anima e, forse, qualche volta, si comportano meglio degli uomini. Come osserva acutamente Deana Summa nella Prefazione al volume. La vera ferinità è nell’uomo non nel lupo che, intervistato, chiarisce: “Noi siamo dei cherubini in confronto alla razza politica” che viene fustigata, con grazia leggiadra ma impietosa da quasi tutti gli animali”, ad incominciare dal pavido coniglio che rimprovera agli uomini di essere più “vigliacchi” dei conigli. E che dire del povero somaro, considerato dagli uomini poco intelligente e ignorante, il quale ritiene che “fra gli uomini vi siano più “ciucci” degli asini”, ma che tuttavia fanno carriera? La volpe, poi, considerata l’animale furbo per eccellenza, fa notare che con gli uomini quanto a scaltrezza non si scherza e fa esempi inoppugnabili. Il lupo, temuto per la sua voracità e la sua cattiveria, tanto da essere richiamato spesso per spaventare i bambini, si giustifica affermando che la natura lo ha fatto così per la sua sopravvivenza. “Noi lupi - sottolinea l’animale - siamo dei cherubini in confronto alla cattiveria, alla voracità, alla malafede, all’egoismo, alle perversioni, all’attaccamento al danaro, tipici degli uomini, sempre pronti a passare sopra i cadaveri degli avversari”. Che bella ramanzina! Non parliamo poi del maiale di cui tutti si schifano da vivo, come se fra gli uomini non ci fossero “maiali” di tante specie, e poi tutti si gustano le sue prelibate carni. Lo stesso leone, ritenuto il re della foresta, esempio di coraggio, tanto che molti uomini vorrebbero avere un “cuor di leone”, ha molto da rimproverare agli uomini che lo hanno ridotto schiavo e oggetto da circo equestre. E la mite pecorella, il serpente, la scimmia, il cane, il grillo, il ragno, la balena, ecc.? Tutti hanno da ridire e da rimproverare gli uomini che affibbiano a loro, inconsapevoli ed innocenti animali, quelli che sono i difetti propri. Sarebbe interessante riportare i loro ragionati rimbrotti all’Homo sapiens, ma lasciamo al lettore il compito, dopo una lettura godibile ma nello stesso tempo istruttiva, di trarne le valutazioni. Deana Summa, sempre in Prefazione annota: “Considerazioni filosofiche, stilettate ambientaliste, divagazioni di etologia e tanto altro ancora arricchiscono questo divertissement (composizione letteraria di tono leggero, n.d.r.) che, per quanto amaro, non si chiude alla speranza di un nuovo umanesimo delle coscienze”. L’autore, infatti, si pone degli interrogativi finali. “Se le cattiverie ordite dagli uomini sono nate dal loro cervello superiore possiamo consideraci orgogliosi di appartenere al genere umano?”. C’è speranza che l’uomo usi la sua intelligenza per comportarsi da uomo nei confronti dell’altro uomo? La speranza c’è (ed è umano), anche se, come conclude amaramente il dott. Michele Libutti, ricordando un nostro antico proverbio: “Chi vive di speranza, muore disperato”. È vero, ma la speranza è l’ultima a morire!

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