Mon. Ciro Fanelli: MESSAGGIO IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL LAVORO DEL PRIMO MAGGIO AL TEMPO DEL COVID
Il lavoro che salva dal virus
Alcune idee per pensare al domani , perché “ questa tormenta finirà”.
Il nostro lavoro, quello che ci fa portare a casa il pane che spezziamo con i nostri figli, non verrà
bloccato dal Covid - 19 solo se saremo in grado, insieme , di cambiare ciò che - sino al 20 febbraio
2020 - era già inutilmente un freno al progresso spirituale e umano della nostra società.
Nel lavoro e in quel pane spezzato con i figli c’è un segno fortissimo che ci riporta all’ Eucaristia: si
lavora per il bene personale e degli altri, si lavora per progredire, individualmente e collettivamente,
si lavora per ciò che verrà dopo. Lavorando, si ringrazia per ciò che siamo capaci di realizzare con
le nostre mani , per noi e per gli altri.
1. La visione solidale del lavoro, priorità imprescindibile
Non c’è virus che tenga rispetto alla visione solidale e all’impegno di coloro che hanno deciso di
mettere in atto buone pratiche per le future generazioni . Papa Francesco ci ha recentemente
ricordato che si deve “pensare al poi, perché questa tormenta finirà e le sue gravi conseguenze già si
sentono” ( Lettera ai Movimenti Popolari , 12 aprile 2020).
Sono passati pochi mesi dal nostro C onvegno diocesano sul lavoro. Era dicembre 2019. Oggi il
mondo del lavoro sembra stravolto.
Il virus che sta c olpendo la nostra società, immobilizzandoci tutti nelle case, è un virus con cui ci
confronteremo per un tempo non ancora prevedibile. Ma ciò non ci esime dal programmare un
“ modo di vivere ” e un modo nuovo di “ lavorare per vivere ” che possa ridurre al min imo possibile il
rischio di contagio. Seguiremo diligentemente, con senso di responsabilità - come abbiamo fatto
sino a oggi - le linee guida delle autorità pubbliche competenti e ci conformeremo a tali norme. Ma
ciò non basterà.
2. Programmare il nuovo
A noi cristiani è chiesto un impegno ulteriore : quelle linee guida, quelle norme, quelle condotte
debbono essere assorbite dalla nostra mentalità formatasi sul V angelo, il quale ci insegna che
insieme si sopporta meglio il peso di situazioni complic ate e che insieme si trova la ragione alla
speranza di un miglioramento.
Il virus , come il male, tende a farci isolare. Noi cristiani vinciamo il male se insieme ci impegniamo
a comprendere la situazione, ad adattarci alle regole, a sperare nel meglio e a programmare il
nuovo .
3. Il presente decide il futuro
Il virus ci sta indicando anche che il presente decide il futuro. Le generazioni che verranno
ascolteranno da noi cosa è accaduto nel 2020. Racconteremo il dramma, la morte, le preghiere. Ma
racconteremo anche ciò che abbiamo fatto per loro, per migliorare le loro condizioni di vita. Tocca
a noi, oggi, decidere cosa po ssiamo fare per il domani. Nel lavoro e nella vita quotidiana agiamo,
pensando al futuro dei nostri figli. Il Vangelo ci dice che i discepoli, dopo la r i surrezione di Gesù ,
sono stati inviati a proclamare la buona notizia all’inter a umanità . Noi siamo invi tati a fare la stessa
cosa , pensando che bene sommo dell’umanità è l’intero creato , che costituisce il dono grande che
oggi abbiamo tra le mani e ciò che si troveranno anche i nostri figli tra le mani domani in ragione
del nostro lavoro di oggi . Abbiamo un a responsabilità comune nella fase di ri - costruzione post
virus . E’ una fase importantissima che è fatta di idee, progetti, azioni , tanta attenzione alla persona
umana e alla comunità .
4. Tre criticità da superare, insieme e con urgenza
Quali sono i fattori sul lavoro che già bloccano inutilmente il progresso spirituale e umano ? Ne
individuo almeno tre , i quali a mio avviso sono come i dardi infuocati di cui parla san Paolo ( cfr. Ef
6, 16) . Il primo riguarda la negligenza personale nel saper e nel sapersi formare adeguatamente
rispetto alle nuove esigenze del lavoro. Il secondo riguarda l’incapacità dei sistemi pubblici e
privati di guardare oltre l’immediato e di non programmare le trasformazioni che possono rendere
il la voro più dignitoso per tutti. Il terzo el emento , che spesso colpisce soprattutto i più giovani è
relativo all’ inerzia di non aggregarsi in organizzazioni che sappiano media re tra interessi diversi.
Serve una mentalità nuova , - come anche la dottrina sociale della Chiesa ci insegna - per
affrontare questi tre dardi infuocati , che soffocano terribilmente il progresso umano e spirituale nel
lavoro.
5. Tre prospettive verso cui incamminarci
Primo punto : l a negligenza deve trasformarsi in attività propositiva nella formazione professionale .
Non c’è lavoro, da quello del dirigente sino a quello più umile, in cui la formazione professionale
non sia necessaria. La formazione professionale ci aiuta a cambiare in meglio, a non ri manere
immobili, a pensare a come trasformare le nostre esperienze in qualcosa di nuovo e più laborioso.
Secondo punto : l ’incapacità di programmazione è un male che colpisce le nostre economie locali e
nazionali. Essa, invece, va trasformata in capacità d i programmare . Non è possibile prevedere tutto,
ma è possibile programmare l’evento anche più tragico , per assicurare una forma di reazione
equilibrata. Il virus ci insegna , inoltre , che dobbiamo imparare , il prima possibile , a ripensare le
nostre politiche pubbliche al fine di saper gestire tali eventi e nel contempo riuscire ad adattare il
lavoro a nuove eventuali emergenze .
Terzo punto : l ’inerzia va vinta favorendo l’aggregazione in gruppi organizzati che sanno creare
solidarietà. Le orga nizzazioni dei lavoratori possono essere di grande supporto alla mutualità. rganizzazioni tra imprese servono al P aese e alla sua visione strategica. Oggi si deve trovare un
nuovo modo, anche digitale, di sapersi riuni re, saper condividere le idee, di sapersi confrontare e di
saper mediare nelle difficoltà che viviamo. Da soli si dà e si fa poco! Il lavoro, dopo il virus, ci
chiederà un impegno particolare in queste tre traiettorie . Impariamo a cogliere il momento
opportuno e impegniamoci, individualmente e collettivamente. Facciamo lo per il futuro che verrà ,
nel quale c’è il bene di un Dio che non ci abbandona.
6. No alla “desertificazione” sociale, economica e culturale
Come Vescovo sento il dovere di farmi portavoce di quanti in questa nostra comunità vogliono
impegnarsi per un futuro migliore e non vogliono lasciarsi condannar e a nessuna forma di
“desertificazione” sociale , economica e culturale. Ogni ulteriore e urgente valutazione politica,
economica e sociale deve favorire, soprattutto in questo delicato momento storico, il diritto al
lavoro per tutti.
Se una preghiera corale, fino ad oggi, è stata innalzata a Dio, ricco di Misericordi a, affinché
fermasse il dilagare della pandemia, una pregh iera altrettanto forte dobbiamo, ora, rivolgere al
Signore, affinché vengano adottate nuove e forti politiche sociali che rimettano il lavoro al centro,
soprattutto per il mezzogiorno d’Italia e per la nostra terra di Basi licata.
Mi appello a quanti hanno a cuore il mondo del lavoro e per esso si impegnano a renderlo sempre
più libero, creativo, partecipativo e solidale (Papa Francesco, Evangelii gaudium , 192) . Spero
fortemente che tutti coloro che desiderano un futuro di verso per la nostra terra di Basilicata , per i
giovani, per l e famiglie e per tutti i lavoratori possano mettersi in rete per pensare insieme al
domani . Di certo la Chiesa diocesana di Melfi - Rapolla - Venosa continuerà, anche in questa
circostanza, a prestare la sua voce alla propria gente e farà la sua parte per favorire il dialogo alla
ricerca di soluzioni possibili e concrete per il bene comune .
+ Ciro Fanelli
Vescovo
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