📰 Editoriale. A Roma il Cavaliere Di Ruvo col regista Donato Leoni e Carlo Valli sul nuovo film Who Was He
Un nuovo film questa volta è corso all’attenzione del critico d’arte Mauro Di Ruvo. Si tratta del
prodotto di un nuova cultura cinematografica tutta romana e del tutto estranea al filone attuale di
intrattenimento televisivo.

È Who Was He del regista Donato Leoni l’opera che il Cavaliere lucano ha saputo portare alla luce
della critica contemporanea, sempre più disattenta oggi ai fenomeni degli artisti e dei registi
emergenti.
“Il nostro tempo ci ha abituati a una esclusività dell’immagine” afferma il critico d’arte “per la
quale ogni creazione di natura artistica incontra il rifiuto della condivisione pubblica se non
sottoposta al canone infogrammatico, che è poi quello dell’attuale sistema cinematografico e
socialmedia”.
“Ciò significa”, continua Di Ruvo, “che non tutti oggi hanno il diritto all’immagine, e
da ciò ne consegue anche una difficoltà sociale nel processo di immaginazione, di aspettarsi nuove
immagini, inedite e non filtrate dal linguaggio del mercato”.
La nuova pellicola diretta e girata a budget zero da Donato Leoni è allora “una ginestra nel deserto”
dice Di Ruvo alla redazione, una eccezione all’interno della nostra contemporaneità.
Girato a tra le campagne del paesaggio laziale di Anzio e tra le strade di Velletri e altri suoi piccoli
borghi, la cinepresa di Leoni è stata individuata dal critico come “lucciola firmataria di un
neomodernismo”.
Così scrive il Cavaliere su Lanterna, in cui ha pubblicato la sua recensione critica non solo alla
regia, ma, cosa non solita per un accademico, anche a tutto il cast e lo staff tecnico che contribuito
alla realizzazione del film.

Tra il cast troviamo la presenza del rinomato Carlo Valli, già premiato col Nastro d’argento al
miglior doppiatore maschile, tra le cui voci rientra quella di Robin Williams nel film Mrs.
Doubtfire, e Marco Proietti, attore cinematografico e teatrale Marco Proietti, che qui interpreta il
ruolo del maggiore Edgar.
“Cinquantacinque minuti e ventinove secondi di una storia, quella che Donato Leoni racconta, che
parla attraverso un altro codice linguistico, lontano dalle parentele narrative del cinema odierno”
scrive il critico e aggiunge a proposito della presente regia, “la scrittura di Leoni è una eclissi della
luce esecutiva nella penombra della scena espositiva, al cui interno l’osmosi tra radiotecnica e
fonotattica scompensa la dieresi tra azione e storia, che sfilacciano lentamente il telaio del piano
recitativo, approssimandolo quasi al nobiliare gergo teatrale”.
Scritta originale per le scene di questa pellicola è la colonna sonora composta da Max Lombardi, a
cui Di Ruvo riconosce la lezione enniana “règlement del suono montato”.
Una importanza centrale
la riveste anche per il critico la “euritmia” che attraversa a suo dire tutta l’opera.
“Ma la cadenza sillabata di Marco Proietti è a dettare l’inizio dell’euritmia che attraversa l’intera
scansione della storia.
La sua gestualità che è direttamente afferente al retrogrado contesto militare
degli anni ’40, in cui è ambientato il film, tradisce la negletta empatia attesa dal pubblico in un
canale indiretto quale l’epirrema strofico col protagonista che a sua volta non guarda mai in faccia il
suo superiore, ma sembra riflettere i dubbi di chi sta seguendo fuori dallo schermo”.
E ancora
afferma su Lanterna Di Ruvo:
“La semplicità con cui si descrive il flusso epirrematico aperto da Proietti, portatore di un ruolo
“agonista” quale il mandante congiuratore della missione segreta affidata a Gabriel, sarà quella che
costituirà il falso deterrente delle vicende che infine si risolveranno a mera cornice di un paradigma
attuale.
La predestinazione pitagorica delle vite parallele.
È questa l’arteria nascosta dietro cui si
agitano i nervi dell’intera scena”.
Una storia quella di Who Was He cui tra l’altro il regista sembra essersi ispirato a fatti reali, se è
vero che proprio il figlio del regista Gabriele, omonimo del soldato protagonista Gabriel in missione
segreta, è l’autore del parallelismo che Di Ruvo ci fa notare tra “militare antenato e passione
militare erede” come egli stesso ha dichiarato.
Il Cavaliere parla infatti di “un epilogo quasi parallelo tra i due omonimi Gabriel e il Gabriele
Leoni, il figlio del regista che si ritrova sin da piccolo a rivivere le stesse passioni di un passato
militaresco e che da grande ormai anziano ritrova la sua vecchia Lavinia, anch’essa rediviva in una
affascinante ed elegante Romina interpretata dalla giovane Lucrezia Sambucini, a lui antenata di
vita e di morte”.
E conclude con una nota che forse farebbe aprire gli occhi alle odierne case di
produzione, o che rappresenterebbe forse un riavvio totale del senso del cinema:
Forse allora, scrive infine, “siamo davanti a una nuova via del cinema, che potrebbe fermare il
ristagno di una palude troppo contaminata.
Forse con Who Was He si apre la stagione di un
“neomodernismo””.
Sicuramente le parole del critico ci faranno riflettere a lungo sulla strada in
discesa che sta percorrendo almeno la cultura italiana, sempre più distante da quel sogno a cui
pensava Federico Fellini.
Tuttavia per il critico, è questo il film che nella antologia della storia
aprirà la porta a un “Neomodernismo”.
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