📰 Storia di Gianni Maragno: Nel Giornale di Lucania del 22-23 luglio 1933 un inedito Turismo lucano a Monticchio


Nel Giornale di Lucania (settimanale delle Province di Potenza e Matera) del 22-23 luglio 1933 - anno XI (E.F.) fece la comparsa per la prima volta una rubrica periodica dedicata al turismo della nostra regione. 
Dalla cronaca, qui riportata integralmente, emerge un forte senso di appartenenza, che affonda le radici nella storia e che svela e divulga all’esterno le potenzialità di un territorio, che soltanto nel terzo millennio ha avuto un significativo riconoscimento con la scelta di Matera a Capitale europea della Cultura per il 2019 e Capitale mediterranea 2026 della cultura e del dialogo. 
Dalla vacanza col torpedone (descritta nell’inchiesta del rotocalco dell’epoca) al turismo di massa dei nostri giorni, la Basilicata, in effetti, continua ad offrire una vasta gamma di suggestioni ai sempre più frequenti - ed anche sempre più esigenti - visitatori che la scelgono quale meta preferita per le loro vacanze. 
La popolarità a cui è assurta la Città dei Sassi, in particolare, dovrà trasformarsi in un volano per tutto il territorio della Regione, soprattutto per quelle numerose località a vocazione turistica che, in maniera complementare, possono integrare e completare l’offerta turistica e di svago della città di Matera. 
Un’azione programmata e competente, quindi, che concorra a soddisfare pienamente le esigenze di sempre crescenti e diversificati flussi turistici attratti dalla risonanza procurata dalla investitura per Matera 2026, confermandone la dimensione consapevolmente internazionale. 

Turismo lucano: Terza domenica a Monticchio

Rionero, 19 luglio (a.b.) 

In perfetto orario, all’ombra dello snello palazzo Fortunato, si ferma il torpedone del servizio turistico Melfi-Rapolla-Barile-Rionero-Monticchio. 
Una breve visita al palazzo del Grande, recentemente scomparso, da qualcuno che ha il culto del ricordo. Il Preside della Provincia comm. Avv. Lancieri è giù d’un balzo e con lui sono le signorine dott. Berardi, da Melfi, e da Rapolla: il segretario provinciale del Sindacato geometri Radino, il comm. Dardes, il geom. Casella, delle graziose signorine baresi, loro ospiti, ed altri ancora. 
Si riparte senza attendere il gruppo del comm. Lancieri, che preferisce proseguire col torpedone che fra quindici minuti deve giungere da Potenza. 
Nella elegante vettura di Melfi sono saliti altri – e molti – che anelano trovare fra le verdi balze di Monticchio, refrigerio alla calura estiva. 
L’ing. Di Salle, della ditta costruttrice del piano regolatore dell’abitato, è con la distinta signora, la gentile madre e due bimbi che sono un amore. 
Gli impiegati della società elettrica “La Lucania“ sono con le famiglie numerose e festanti. 
In ritardo arriva una “abituè“: la signorina Maria Brescia, che quest’anno ha preferito il monte alle delizie marine della sua Napoli. 
E si va… Il nastro stradale si svolge alle pendici del Vulture, rigogliose di messi, di viti e più su di castagni e faggi. 
Si ammira l’imponenza del monte, formato dal fuoco ipogeo, eruttato da due bocche di crateri, che più tardi ci appaiono come una rivelazione fra gli elci fronzuti in cui si inabissa la nostra vettura. 
Ora però in essi non più rugge la materia ignea, ma è una calma distesa di acque, che rispecchiano una rigogliosa vegetazione di faggi, e la massiccia abbazia a ridosso dell’imponente murge di San Michele. 
La signora Di Salle, romana, trova simiglianza fra la lussureggiante caldea che si apre alla nostra ammirazione e quella più brulla nel cui fondo si incastona il lago di Nemi, dalle cui acque, in parziale prosciugazione, 2 continuano ad emergere, nella loro aurea bellezza, le navi imperiali di Roma. 
Il paragone ci rimanda alle orme lasciate dai Grandi Conquistatori anche in questa zona, dopo aver sottoposto i battaglieri lucani, del clan di Venosa – da Atella a Melfi a Lavello – (chi dice che questi paesi non sono di Lucania?) e richiama l’attenzione dei forestieri sul bellissimo sarcofago nella città dell’instancabile valorizzatore di Monticchio: comm. Lancieri. Una breve sosta sull’istmo che divide i due laghi e ricetta i ruderi del convento benedettino di S. Ippolito: c’è chi preferisce accedere all’Abbazia attraversando il lago piccolo in barca. Dall’approdo si vede apparire la testa bionda di Aldo Di Salle, che guadagna a larghe bracciate il centro dello specchio tranquillo intensamente azzurro, mentre alla riva i riflessi sono glauchi, interrotti dal bianco delle ninfee galleggianti. Ricordiamo ai turisti la fiaba dei magnifici fiori acquatici, così come l’abbiamo appresa dalle “Leggende del Vulture “ raccolte da Francesco Cappiello. 
Ed eccoci sulla superba terrazza della Badia. 
Uno spettacolo che ha del prodigioso! La verde caldea qui si rivela in tutta la sua più nascosta bellezza. 
Antonio Russillo, da previdente albergatore, vi ha installato a permanenza un ricco buffet, e fa girare un grammofono in un angolo, per chi - come noi – è arrivato in ritardo, perché ha amato l’ombra dei pini e dei castagni, trova già le mense – disseminate nelle varie sale da pranzo – occupate dai turisti, che sorpassano il centinaio, provenienti da Bari, Bisceglie, Molfetta, Foggia, Potenza, ecc., e da pensionati alloggiati nelle linde camerette, che aprono le loro numerose finestre nella paurosa muraglia della Badia. 
Al dessert spumeggiano i vini del Vulture, e il Preside cita distici di Orazio, composti nella ricca Fagosa, il bosco dei faggi che due millenni dopo, malgrado non più nella sua antica magnificenza, doveva apparire “divino“ al Michetti, ospite, con l’on. Ferri, dell’on. Fortunato: … tu che sei savio, ricordati di spegnere la tristezza e le cure della vita nel dolce vino… Il caffè e i rinfreschi sono serviti sulla terrazza: dove più tardi hanno inizio le danze. 
Notiamo altri conoscenti, fra cui il rag. Nucci del comitato turistico, la signorina Coscia, insegnante del Rione Convento, che ha allestito una scuola civettuola, che sembra un giardino pensile, a specchio del lago, gli impiegati della provincia di Potenza e molti altri. 
Durante il festante trattenimento arrivano dal capoluogo il vice prefetto comm. Sclafani e il questore cav. uff. Visconti i quali esprimono la loro lieta meraviglia per la bellezza dei luoghi, e desiderano tutto osservare. 
Si formano comitive di gitanti che si dirigono ai laghi, alla pineta, alla sorgente delle ricercate acque minerali, alla cappella di S. Michele, nelle cui pareti, scavate nella roccia, vi sono delle grotte affrescate dai primi religiosi del luogo: i monaci basiliani. 
Più tardi si ritorna a danzare, a sorbire gelati, a sturare bottiglie spumeggianti. 
Il ritorno è protratto fino a che l’autista del torpedone di Melfi viene a protestare la necessità di partire, perché è S. Carmela, nome della moglie, e casa sua è in festa. 
Il bravo uomo è anch’egli festeggiato e accontentato. 
E gli è acconsentito anche di accelerare la marcia, perché la moglie non attenda ancora! Col servizio pubblico fanno ritorno molte vetture private; altre ci hanno preceduto, perché devono vincere lunghe distanze; altre ancora restano a godere l’incanto e la frescura del protratto tramonto. 
Domenica prossima altro convegno.

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