Il 62% delle aziende lucane
ritiene che il ritardo infrastrutturale penalizzi il sistema locale in modo
determinante rispetto al Nord-Est; i livelli di soddisfazione più bassi vengono
mediamente espressi dalle imprese più piccole che sono, in genere, quelle più
polverizzate sul territorio (in termini di localizzazione) e che, quindi, si
trovano, non di rado, a dover operare in aree in cui l’accessibilità è molto
limitata.
Sono le indicazioni di Confcommercio Imprese per l’Italia nella
«giornata dei trasporti e della logistica» contenuto ne Report realizzato
dall'Ufficio Studi confederale. Un appuntamento, intitolato non certo
casualmente «l'Italia disconnessa», nel quale – sottolinea Fausto De Mare,
presidente Confcommercio – si evidenzia che è soprattutto la Basilicata ad
essere “disconnessa” dal resto d’Italia e d’Europa per effetto degli indici di
dotazioni infrastrutturale nelle province di Potenza e di Matera e
complessivamente più bassi del Paese e agli stessi livelli di regioni
“sottosviluppate” di altri Paesi europei.
Con
riferimento ad imprese concorrenti localizzate in altre parti del Paese, le
imprese della Basilicata – come conferma lo studio Unioncamere-Istituto
Tagliacarne - avvertono che i vincoli infrastrutturali locali hanno scavato un
solco competitivo profondo ed ampio rispetto alle imprese del Nord Italia,
specie rispetto a quelle del Nord Est. Riguardo una generale soddisfazione
dell’intero assetto infrastrutturale, si sottolinea come le aziende della
Basilicata, esprimano giudizi abbastanza “severi”, prevalendo (in una scala di
valutazione che va da 1 a 10, dove 1 è il livello di soddisfazione minimo) voti
bassi (da 1 a 4 nel 36,3% dei casi) rispetto a valori più elevati (da 8 a 10
nel 9%). Pur tuttavia, la maggioranza delle aziende esprime valutazioni medie
(voti da 5 a 7), segno questo che indica probabilmente che le imprese, entro
certi livelli, si sono “adattate” alle caratteristiche delle infrastrutture
della loro area di immediata prossimità, imparando a convivere con le
caratteristiche positive e negative dell’assetto infrastrutturale.
Le
imprese medio-grandi, invece, sono tendenzialmente più ottimiste in quanto si
concentrano in prevalenza nelle più importanti aree industriali della regione
che sono maggiormente servite, in termini di collegamenti, rispetto alle zone
interne e montane. In tale contesto, va però sottolineato come appaia
particolarmente critico l’atteggiamento delle imprese più dinamiche (ad esempio
quelle export-oriented), che
necessitano più delle altre di una logistica atta a consentire una maggior
rapidità di movimentazione delle merci per poter essere portate in tempi brevi
sui mercati internazionali.
Il traffico merci in Italia – evidenzia
Confcommerio - è finalmente in ripresa:
dopo dieci anni di calo, nel 2014 è finalmente tornato il segno più (+0,5%),
mentre nel 2015 e nel 2016 la crescita sarà dell'1,6%. Eppure i problemi del
settore continuano ad essere evidenti, anzi c'è addirittura l'imbarazzo della
scelta. Tra i tanti salta agli occhi un evidenze problema di concorrenza,
determinato anche da regole ambigue e da scarsi controlli, a scapito degli
autotrasportatori italiani: tra il 2003 e il 2013 la quota delle merci entrate
in Italia trasportate da operatori dell'Europa orientale è cresciuta di
addirittura il 600% e supera ormai il 47%, mentre era meno del 7% nel 2003. La
quota degli autotrasportatori italiani si avvicina, invece, al 15%, quando nel
2003 era pari a quasi il 33%. Ma non si può certo trascurare altre storture che
sanno di autolesionismo, come il fatto che tra il 2000 e il 2012 gli
investimenti nei trasporti sono sceso del 47% (da 20 a 10 miliardi) o che nei
nostri centri urbani si continui a viaggiare "a passo di lumaca", con
una velocità media è di 15 km/h, la stessa di fine ‘700…
Come se ne esce? Serve una cura drastica
che – sintetizza De Mare - Confcommercio ha declinato in cinque proposte:
creazione del Registro internazionale dell'autotrasporto; individuazione
dei porti strategici, sviluppo dell'intermodalità dei collegamenti terrestri e
potenziamento delle Autostrade del Mare; apertura di notte dell'Alta Velocità
al trasporto merci tramite la realizzazione della "metropolitana italiana
delle merci"; trasporto su ferro dei Tir che arrivano via mare nei nostri
porti dal Mediterraneo e che trasportano merce destinata all'estero; avvio di
una strategia nazionale in favore dell'accessibilità e della mobilità urbana.
Mancano le scelte
politiche e la prospettiva di un sistema: per questo l'Italia non è connessa al
mercato internazionale. Perché in questi ultimi anni, anziché prevedere un
disegno strategico, si è optato per interventi episodici. E perché tutti hanno
fatto finta di non capire che una burocrazia inefficiente e troppe carenze tra
le modalità di trasporto, aggiunte alla maggior competitività di altri Paesi
determinata dai minori costi, non potevano che portare a una frenata dello
sviluppo del Paese, con la perdita di quote di traffico per le nostre imprese a
vantaggio dei vettori esteri. Se a questo si aggiunge una forte
delocalizzazione – conclude De Mare - il fallimento è totale.
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