Grazie ad Ernesto Fortunato divenne una delle più
fiorenti del Mezzogiorno d’Italia
di Michele Traficante
Il colore del
tempo passato sui muri della palazzina; i nidi delle vespe sulle chiuse
imposte; le stalle vuote di bestiame; la masseria deserta… Che desolazione, che
malinconia… Così Eugenio
Azimonti, dopo aver fatto una fugace
visita alla tenuta di Gaudiano
dei Fortunato, scriveva a don Giustino in Napoli nell’agosto del 1930.
A quasi novant’anni dalla vista di Azimonti, la
tenuta di Gaudiano, un tempo la più
fiorente ed importante del Mezzogiorno d’Italia, non esiste più. Noi l’abbiamo
visitata una prima volta circa
trent’anni fa e l’impressione che ne abbiamo avuta è stata per lo meno
desolante. Solo pochi avanzi abbandonati, quasi soffocati e messi in ombra
dalle moderne costruzioni, restavano
visibili e a testimoniare che un tempo…”qui fu”. In uno spazio
circondato da vecchi, ampi caseggiati
erano ancora visibili ( e da noi fotografati),
ammucchiati, un vecchio calessino, una falciatrice corrosa dalle intemperie e dalla ruggine, un grande
frangizolle con pariglie di 24 dischi,
un vecchio traino, un aratro di ferro a uno, fino a 5 vomeri e tanti altri
vecchi attrezzi sparsi un po’ dappertutto.
Sulla facciata di uno di questi caseggiati era ben visibile una pietra
scolpita con la scritta ”P.F. 1886”, sulla chiave di un altro portale si
leggeva “P.F. 1888”; su di un altro ancora “A.D.1861 A.F.”
Erano testimonianze che
dimostravano il tenace attaccamento alla terra d’Ofanto della Famiglia
Fortunato ed il progressivo ingrandirsi dell’azienda agricola e zootecnica che
raggiunse l’estensione di circa tremila
ettari e comprendeva sia la zona pianeggiante che quella collinare, fino a
lambire i territori di Cerignola, Canosa, Montemilone e Minervino Murge.
La presenza dei
Fortunato a Gaudiano risale alla seconda metà del 1700, col capostipite
Carmelio (1701-1773), Cherubino (1743-1807),
Anselmo (1782-1843), Pasquale (1814-1879), i quali, prima come
affittuari e poi come proprietari, costruirono
le loro fortune imprenditoriali come allevatori ed agricoltori.
Nel 1814 acquistarono da un censuario del
Tavoliere alcune terre nella zona di Monte la Quercia. Nel 1818 acquistarono in
enfiteusi perpetua dal Tavoliere di Puglia 237 versure di terre a pascolo nella
Posta di Monte la Quercia. Tra il 1837 e il 1838 acquistarono dai fratelli
Faraone di Rionero 380 tomoli di terreno a pascolo e 50 tomoli di seminativi
ancora nella zona Posta di Monte la Quercia.
Anselmo Fortunato (1782 - 1843) nel 1839
possedeva, sempre a Gaudiano, un fondo denominato "Coppe di
Maltempo". Nel 1839, con atto notarile del 14 maggio, il vescovo di Melfi,
mons. Luigi Bovio, cedette in enfiteusi perpetua ad Anselmo Fortunato tutte le
terre della Mensa vescovile poste nell'ex feudo di Gaudiano e particolarmente
Mezzana, Geggiola, Geggiolella, Valle Principe, Lampeggiano, Maggesaria.
Finocchiaro, Finocchiello, Bosco di Gaudianello. Nel 1842 i Fortunato
acquistarono dagli Spagnoletti di Andria una vasta tenuta di terre a coltura e
a pascolo della estensione di circa 450 versure, che divenne il centro di tutta
l'azienda lavellese. In tale tenuta, intorno al 1851, è iniziata la costruzione
della palazzina residenziale, ricostruita, su progetto dell'arch. Scelzo di
Napoli, sullo stesso stile architettonico del palazzo di Rionero, da Ernesto
Fortunato sul finire del 1800.
I Fortunato operarono in
questa masseria fino al 1861. Dopo tale data, per l'imputazione di connivenza
per i moti legittimisti dell'aprile 1861, Pasquale Fortunato (1814 - 1879),
scarcerato nel 1861, con i figli Giustino ed Ernesto si trasferì a Napoli, dove
tutta la famiglia rimase fino al 1873.
La masseria di Gaudiano
negli anni dal 1870 al 1873 fu tenuta in fitto da Raffaele D'Aloia di Minervino
Murge per la soma annua di 1.205 ducati.
Con l'allontanamento dei
Fortunato da Rionero anche l'azienda di Gaudiano subì un forte degrado con non
lieve pregiudizio delle finanze di famiglia.
Così
sul principio del 1873 Ernesto Fortunato ( 1850- 1921), appena ventiduenne,
benché avesse conseguito nel 1870 la laurea in giurisprudenza ( come il
fratello Giustino ) chiesto ed ottenuto l'autorizzazione dal padre, andò a
prendere possesso, per la diretta conduzione, dell'azienda di Gaudiano "
con la visione limpida e sicura dei nuovi doveri, col deliberato proposito di
essere qualcosa, di essere innanzi tutto se stesso". E si "
inchiodò" a Gaudiano, nella pestifera Val d'Ofanto, scrisse don Giustino,
" con la visione limpida e sicura dei nuovi doveri, col deliberato
proposito di essere qualcosa, di essere innanzi tutto se stesso". Oltre
quarant'anni dedicati da Ernesto Fortunato alla rinascita dell'azienda di
famiglia, apportando impensabili innovazioni di cultura e di gestione, facendo
dell'azienda modello di Gaudiano punto di riferimento per tanti studiosi di
cose agricole. Egli intuì, innanzi tutto, che la cerealicoltura estensiva,
largamente praticata dalla maggior parte degli agrari meridionali, non era la
carta vincente. Diede vita, pertanto, ad un notevole settore zootecnico,
provando e riprovando incroci con animali di particolare resistenza e di sicura
riuscita. Soprattutto gli ovini ( dai 2000 ai 2500 capi), i suini, i bovini (Ernesto Fortunato possedeva circa 700 capi da lavoro e da latte allo stato
semibrado) costituivano la spina dorsale dell'impresa. Dal 1876, con un sapiente lavoro d’incrocio,
prima con stalloni purosangue e poi con cavalli da nolo Hachknej, disponendo di
80 fattrici, ottenne una pregevolissima razza equina, la Fortunato appunto,
ogni anno acquistata in blocco dall'esercito. Non mancavano mandrie di bufali
che pascolavano nelle tenute lungo l'Ofanto. Apportò innovazioni pure nel campo
agricolo. Di pari passo con la ristrutturazione zootecnica, procedeva l'ammodernamento
delle coltivazioni erbacee e arboree. Introdusse presto l'uso di concimi, di
sementi selezionate, di macchine agricole. Mise a coltura, dopo vari
esperimenti, l'erba medica ed altre foraggiere. Aumentò l'estensione delle
tenute con ulteriori acquisti: nel 1890, la tenuta Scioscia, di 126 ettari per
la captazione, tramite acquedotto, di acque sufficienti alle necessità
dell'azienda; nel 1895, la tenuta Spagnoletti, contigua a Scioscia, di 89
ettari pagata 104.604 lire ad ettaro perché in essa passava la strada
provinciale Lavello- Minervino; nel 1909, le tenute Falcone, Casa Colonica,
Tratturiello, di 163 ettari pagate 10.000 lire circa l'ettaro; nel 1911, la
tenuta Coppicelle di Todisco di circa 202 ettari.
I fratelli Giustino, Ernesto e Luigi Fortunato, nel 1899, fecero costruire, nei
pressi della palazzina residenziale, una graziosa chiesetta ( arch. Gustavo
Scelzo di Napoli ) dedicata a San Pasquale Baylon, a ricordo del padre,
solennemente benedetta l'8 giugno 1900 dall'allora vescovo di Melfi e Rapolla,
mons. Giuseppe Camassa, per la regolare celebrazione delle funzioni religiose.
Qui, nel 1902, i
fratelli Fortunato potettero ricevere il presidente del Consiglio dei ministri,
Giuseppe Zanardelli, fra le piante bonificate, il gran bosco di Gaudiano
infoltito, le mandrie ricostituite, i campi verdeggianti di colture antiche o
di nuovissimo esperimento, gli ampi caseggiati adibiti ad abitazione dei coloni
o a deposito degli attrezzi agricoli e le nuove cantine e, infine, nuovi volti
dei contadini.
Ernesto Fortunato che rignerò la langa malarica della Valle
d'Ofanto venne a mancare il 6 dicembre 1921 a Napoli per un male incurabile all'occhio sinistro che
lo costrinse, già nel 1913, ad abbandonare la sua Gaudiano, ove era appena
morto all'improvviso il fratello Luigi (1857 - 1913 ), l'unico dei fratelli a
prendere moglie ( sposò nel 1880 Isabella Giusso, da cui ebbe il figlio
Pasquale, morto ad appena 5
anni e la figlia Antonia
che sposò il principe Antonio Alliata di Palermo).
Nel 1952, la maggior
parte della tenuta di Gaudiano, dell'estensione di circa tremila ettari, fu
espropriata dall' Ente Riforma e assegnata a diversi coloni. Il centro residenziale e circa 200 ettari
dell'azienda rimasero agli eredi Alliata, i quali, circa 60 anni fa, vendettero
ad alcuni privati cittadini di Lavello che si sono letteralmente spartiti i
vari locali della palazzina che era il caro " piccolo santuario" di don
Giustino.
L’immobile denominato “ Masseria Fortunato” con decreto del Ministero
dei Beni Culturali e Ambientali (Finocchiaro – ministro) del 27 settembre 1989
è stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della Legge
1/6/1939 n.1089 e quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute
nella legge stessa. A quanto pare, però, tutto è rimasto sulla carta.
Della chiesetta, in grave
stato di abbandono e di degrado, resta superstite il solo l’architrave che
Giustino Fortunato volle preservare
collocandolo nell’interno della sua chiesetta di Gaudiano, eretta a poca
distanza da quella preesistente. Questa
pietra, raro avanzo tangibile della distrutta Gaudiano, è l’unico messaggio di
una civiltà scomparsa oltre cinque secoli fa. Al momento della nostra visita la chiesetta era invasa da pagliame, arbusti e adibita a ricovero per gli animali,
mentre il supporto in muratura dell’altare è completamente diroccato.
Che scempio! Quanta
delusione ed amarezza!
Eppure i Fortunato hanno
tanto beneficato la città di Lavello!
Vogliamo rivolgere,
pertanto, dalle colonne del nostro giornale, un pressante, accorato appello
all’Amministrazione comunale di Lavello e agli Ente regionali preposti perché
si consideri l’opportunità di acquisire almeno i fabbricati ancora esistenti (palazzina, resti della chiesetta, ecc.) del centro di Gaudiano e destinarli,
dopo opportuni restauri, a Centro di Sperimentazione agraria di rilevante
interesse comunitario. Riteniamo che sia questo il modo migliore , anche da
parte di Lavello e non solo, di onorare
degnamente uomini (Ernesto e Giustino Fortunato) che tanto lustro hanno
lasciato a quella comunità cittadina e alla Regione del Vulture.
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