Tra i segnali di vitalità del sistema della micro impresa meridionale nel secondo trimestre dell’anno, registrati da Unioncamere nazionale, quello che viene dalla provincia di Potenza è incoraggiante anche se non ci consente di mettere alle spalle la crisi di consumi e quindi del comparto commercio.
E’ il commento del Presidente di Confesercenti Potenza Prospero Cassino che è anche presidente di Rete Imprese Italia Potenza riferendo che la provincia di Potenza al 30 giugno scorso si colloca al terzo posto per tasso di crescita (1,17%) con 745 nuove iscrizioni e 306 cessazioni che portano ad un saldo attivo di 439 unità. Tra aprile e giugno i Registri delle imprese delle Camere di commercio di Potenza e di Matera hanno fatto registrare complessivamente un saldo di 626 imprese (1.170 le matricole e 544 quelle che hanno chiuso) con uno stock che al primo semestre sfiora le 60mila unità (59.447).
Nella nostra realtà accade – continua Cassino – che la voglia di fare impresa non è certo svanita, semmai smorzata da troppi elementi negativi ed ostacoli burocratici e fiscali. E’ il Sud, come evidenzia Unioncamere, che gioca un ruolo importante in diversi settori, in qualche caso anche in forte controtendenza rispetto all’andamento nazionale. Nella mappa delle imprese, ad esempio, con quasi 8mila imprese in più il Sud da solo ha “tenuto” in equilibrio l’intero settore del commercio negli ultimi cinque anni. Così come è stato determinante con le 4mila imprese in più nelle attività immobiliari (esattamente i tre quarti di tutta la crescita del periodo) e con le 2.500 in più nella sanità e assistenza sociale (il 42% del saldo complessivo nei cinque anni considerati).
L’altra faccia della medaglia per Confesercenti: la leggera ripresa dei consumi iniziata lo scorso anno non è ancora riuscita né a prendere forza né a stabilizzarsi. Anzi: dai segnali postivi registrati alla fine del 2015 si è passati, nei primi mesi del 2016, ad una fase di forte incertezza, caratterizzata da vendite altalenanti che mostrano, comunque, una tendenza ad un progressivo rallentamento. A pesare è, in primo luogo, il deterioramento delle aspettative e del clima di fiducia, dovuto ad una percezione di rallentamento della nostra economia e alle tensioni internazionali. Tanto che la frenata delle vendite registrata rispetto allo scorso anno colpisce ogni forma distributiva – grandi e piccole superfici – e quasi tutti i prodotti, con l’eccezione di gioielli e prodotti da farmacia. Significativa, in particolare, la dinamica asfittica delle vendite di prodotti alimentari. Anche in questo caso, infatti, la ripartenza dei delle vendite, soprattutto per i piccoli esercizi, è in decisa frenata. La flessione riflette certamente il cambiamento di abitudini degli italiani, che negli ultimi anni si sono mostrati più ‘salutisti’ e attenti agli sprechi; ma è innegabilmente connessa anche alle difficoltà generali di sistema che attraversa il Paese, oltre alle incertezze del mercato, e per questo è ancora più preoccupante: tra il 2011 ed il 2015, la spesa delle famiglie in alimentari è passata da oltre 141 miliardi a circa 132, con un calo record di 9 miliardi in quattro anni.
In generale, occorre lavorare per evitare che il rallentamento diventi una vera e propria frenata e per restituire fiducia nella ripresa. In primo luogo con un ulteriore alleggerimento del fisco che grava su famiglie e imprese. Il percorso di riduzione della pressione fiscale iniziato dal Governo deve accelerare: solo così potremo evitare un consolidamento di una fase di incertezza che potrebbe avere conseguenze negative già a partire dalla prossima stagione autunnale.
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