1. Pensiamo insieme al futuro del nostro territorio del Vulture
I n piena comunione con i confratelli Vescovi delle Chiese di Basilicata, che , di recente,
attraverso la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la
pace, hanno manifesta to vicinanza e solidarietà a tutti i dipendenti del polo industriale di
Melfi (21 aprile 2021), sento il dovere di condividere - in occasione del prossimo Primo
maggio, festa di san Giuseppe lavoratore - sia con la comunità diocesana e sia con quanti
operano per il bene comune nel nostro territorio del Vulture, alcune riflession i sul lavoro e
la fratellanza.
Le mie considerazioni vogliono offrire una chiave interpretativa, quella ecclesiale, per
aiutare a leggere nella loro totalità le gravi e drammatiche conseguenze sociali ed
economiche della pandemia sul mondo del lavoro nel nostro territorio del Vulture.
La celebrazione del Primo maggio è un appuntamento importante per tutti i lavoratori;
questa giornata, nell’anno speciale dedicato a San Giuseppe, padre dal coraggio creativo e
padre lavoratore (Papa Francesco, Patris corde nn. 5 e 6), come lo definisce Papa
Francesco, deve stimolare anche la nostra comunità cristiana ad inter rogar si, alla luce del
M agist ero della Chiesa, su alcune scelte , non condivisibili, che, di fatto, hanno tolto o
potre bbero togliere a tante persone la sicurezza del lavoro. Non possiamo negare che la
situazione economica è tragica e peggiora di mese in mese. E non possiamo rimanere
indifferenti ed inerti.
Quest e considerazion i sono essenzialmente il frutto d ell’ ascolto sofferto di tante persone del
nostro territorio violentemente schiacciate dalle nuove povertà , dalla disoccupazione e dal
timore di pesanti ta gli dell’occupazione (penso ad esempio a tutte le lavoratrici e a tutti i
lavoratori dei diversi settori produttivi del nostro territorio).
Il mio auspicio è che la condivisione di queste riflession i pastorali, aperte evidentemente ad
ogni necessaria e opportuna integrazione, possa aprire concreti percorsi di speranza e d
avviare anche modalità nuove per dare voce a quanti attualmente soffrono per la mancanza
di lavoro e a quanti temono per la stabilità , nel futuro immediato, del loro lavoro.
Quanto mai appropriate sono le parole di Papa Francesco sul giusto modo di intendere
l’economia: “un’economia che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e
non disumanizza” (Papa Francesco, Videomessaggio ai partecipanti all’incontro “The
Economy of Francesco – I giovani, un patto, il futuro”, 21 novembre 2020). E’ questa
l’economia che vogliamo e che dobbiamo preparare, se vogliamo lo sviluppo de lla nostra
terra di Basilicata, certi che, come insegna Papa Fra ncesco nell’ Evangelii Gaudium,
“l’inequità è la radice dei mali sociali” (EG 202).
I nfatti, sulla scorta dell’insegnamento di Papa Francesco, siamo animati dalla forte
convin zione che contro l’inequità si può agire efficacemente mantenendo le migl iori
condizioni di occupabilità . Questo vale soprattutto là dove, come nel Vulture, sono stati
effettuati importanti investimenti economici e formativi per le lavoratrici e i lavoratori.
Tutto, purtroppo, si può perdere se non si comprende che nella competizione dei mercati c’è
il territorio, il nostro territorio del Vulture. Per il bene del nostro territorio possiamo e
dobbiamo fare tanto, con ogni strumento ch e avvantaggi la nostra comunità con una buona
programmazione, con la capacit à di attrazione e di consolidamento di quanto abbiamo e dei
beni ambientali e culturali di cui i nostri luoghi sono cosi ampiamente dotati.
2. Non lasciamo nulla d’intentato
Con questo mio scritto, come dicevo, rifletterò in chiave pastorale, brevemente, sia sul
lavoro e sia sulla fratellanza in tempo di pandemia, sottolineando, da una parte, gli
insegnamenti sociali che recentemente ci sono stati ribaditi da Papa Francesco nell’Enciclica
Fratelli tutti (FT), e, dall’altra, evidenziando alcuni elementi che la realtà odierna pone
davanti ai nostri occhi. Tutti sentiamo, infatti, non solo l’esigenza, ma anche il dovere di
non lasciare nulla di intentato per orientare le nostre vite verso una maggiore carità e u na
piena speranza sul futuro.
Offrirò qui di seguito, soprattutto nel paragrafo finale, sempre in una prospettiva dialogica,
anche qualche spunto di riflessione pastorale al fine di avviare un discernimento
comunitario, su più versanti, per individuare, in concreto, quale è il contributo che la
comunità cristiana può offrire oggi all’attuazione di politiche del lavoro rispettose della
dignità della persona umana. E’ mio vivo desiderio offrire quasi un ancoraggio per ogni
ulteriore riflessione e per ogni possibile azione che si possono pensare e sviluppare sui temi del lavoro e della fratellanza nel nostro territorio del Vulture.
3. Dalla Sacra Scrittura un nuovo criterio per pensare e agire
Noi siamo il lavoro: è questa la prospettiva etica con la quale dobbiamo guardare al lavoro,
sempre, ma soprattutto in questo nostro tempo. Spesso, ma in modo particolare in questi
mesi di pandemia , ci si domanda: Chi è il più forte? Chi è il più debole? Ce lo chiediamo
osservando la lotta ostinata, che da oltre dodici mesi, si compie tra la pandemia e il lavoro
umano. Que st a lotta, indirettamente, ci ricorda che i disegni di Dio non si compiono con la
forza, ma con la ruah (cfr. ad es. Zc 4,6 : Questa è la parola del Signore [...] ‘Non con la
potenza né con la forza, ma con il mio spirito’ ), lo Spirito di Dio, il soffio vitale che da Dio
stesso proviene. Il “ soffio ” di Dio crea sempre fratellanza perché ci conduce sulla “strada”
di chi soffre, cioè non possiamo negare che tutti “ci scontriamo, immancabilmente, con
l’uomo ferito” (FT 69).
Con questa evocazione biblica, richiamata anche da Papa Francesco, vorrei illustrare - con
alcuni esempi tratti dalle pagine della Sacra Scrittura - ciò che intendo sottolineare di
seguito in relazione al lavoro e alla relativa dimensione valoriale, nell’attuale nostro
contesto economico - sociale , in questo P rimo maggio 2021 , giorno in cui si festeggia la
capacità umana di plasmare il proprio futuro con l’opera delle proprie mani (cfr. Papa
Francesco, Patris corde, 6 ) .
Il primo esempio biblico, rivelatore dello stile di Dio, riguarda il fatto che i suoi prescelti
sono normalmente i deboli. Sappiamo, invece, che in natura avviene il contrario: sono
apparentemente i forti a d imporsi e a compiere le opere più straordinarie.
Nella S acra S crittura i prescelti da Dio sono quasi sempre i figli più giovani: Abele,
Giuseppe, Giacobbe, Davide, i quali sono pericolosamente avversati dai più anziani, spesso
torturati da iniquità e ingiustizie. In alcuni casi, i prescelti dal Signore sono anche coloro
che vivono in situazioni di indigenza, di miseria, di povertà materiale (Rut e Noemi).
Un secondo esempio biblico è la lotta che deve sostenere Gedeone , il quale vince sebbene le
forze che governava tendessero a ridursi man mano . Da diecimila uomini passa a poco più
di trecento uomini per affrontare il nemico. Ma, anche a risorse ridotte, la ruah, lo Spirito
del Signore, permette a Gedeone di vincere la guerra.
Queste esemplificazioni, tratte dalla Sacra Scrittura, mi permettono di andare al punto
centrale di questo mio messaggio: dalla Parola di Dio possiamo imparare che la storia -
fatta di persone e popoli - si viene a costruire, man mano, con grandi visio ni, successi,
alcuni fallimenti; e d essa è retta da coloro che, dopo ogni fallimento, rialzandosi,
rispondono alla chiamata di Dio, cioè al fine per cui sono stati creati.
Il lavoro - ovvero la capacità umana di plasmare il proprio futuro con l’opera delle proprie
mani - segue la medesima dinamica: chi lavora costru isce il futuro, avendo visione,
realizzando success i, cadendo in alcuni casi, e poi decidendo di rialzarsi, realizza il disegno
di Dio , accompagnato dal Suo soffio / ruah .
4. Mettere il lavoro al centro per programmare un futuro di speranza
Ciò che abbiamo vissuto in questi circa dodici mesi di pandemia ci mette davanti a una
realtà completamente mutata. Le lavoratrici e i lavoratori di tutti i settori produttivi hanno
vissuto sulla pro pria pelle le sofferenze di una gestione tanto straordinaria quanto anomala.
Ci sono alcuni che hanno perso il lavoro e non hanno più il pane da condividere con i propri
figli. I giovani cercano invano un lavoro, sapendo che la situazione economica peggio ra di
mese in mese. In questo quadro, tutti a uspichiamo che le istituzioni politiche siano in grado,
a ogni livello e al più presto, di predisporre un piano di rilancio che possa permettere di
mitigare gli effetti sociali così tragici della crisi.
Il Meridione d’Italia e la nostra terra lucana viv ono questa crisi con particolare apprensione:
da un lato, si guarda con tristezza e dolore figlie e figli che, non trovando lavoro, non
possono programmare il proprio futuro e decidono di spostarsi in altre regioni; dall’altro, si
teme che investimenti importanti, effettuati nel corso degli ultimi decenni, i quali hanno
permesso una buona evoluzione industriale a livello territoriale , possano essere decurtati o,
persino, cancellati.
Per queste ragioni s i chiede da più parti che la leadership politica e d economica , chiamata a
incide re sul futuro del nostro paese e della nostra terra di Basilicata, sia sapiente e
lungimirante . Il che significa essere consapevoli di quanto rilevante possa essere un errore
nella gestione d ella fase pandemica e post - pandemica. Quella consapevolezza, però,
dobbiamo ribadirlo con forza, viene meno se si disprezza la persona umana, privandola
della relativa capacità di contribuire, con il proprio lavoro, al bene collettivo e alla crescita
spirituale e materiale del nostro territorio.
Con il “disprezzo” (cfr. cultura dello scarto) si rompe l’equilibrio che sta alla base della
“fratellanza”. Ciò che viene disprezzato negli altri, dobbiamo ricordarlo, non ci è mai
estraneo del tutto: ci attendiamo dagli altri più di quanto noi stessi siamo disposti a fare o a
dare.
Ecco, in questa consapevolezza sul possibile errore, cresce e si matura una leadership
sapiente e lungimirante, mossa dallo Spirito (la ruah) di cui ho detto sopra. A questa
leadership la storia chiede uno sforzo di valutazione complessiva e seria delle situazioni
specifiche , così come esse si presentano, con tutte le relative criticità e potenzialità , anche al
fine di evitare di fare scel te mosse da letture della realtà prive di una piena cognizione sugli
effetti sociali che alcune decisioni posso no determinare per il futuro.
5. Il Vangelo esige sempre la tutela della dignità della persona
In questa prospettiva, la c onsapevolezza che “il lavoro siamo noi”, in una drammatica
situazione economica e sociale determinata dalla pandemia, non solo fa nascere la domanda
che ho posto all’inizio ( chi è più forte?) ma fa assume re a questo interrogativo ,
profondamente umano , un rilievo diverso. Con altre parole, chiedersi chi sia più forte nella
lotta contro gli effetti sociali della pandemia significa chiedersi anche quale sia il valore
dell’essere umano nella relativa dimensione professionale e lavorati Nell’ enciclica Fratelli t utti Papa Francesco scrive che “c’è un riconoscimento basilare,
essenziale da compiere per camminare verso l’amicizia sociale e la fraternità universale:
rendersi conto di quanto vale un essere umano , quanto vale una persona, sempre e in
qualunque circostanza. Se ciascuno vale tanto, bisogna dir e con chiarezza e fermezza che ‘ il
solo fatto di essere nati in un luogo con minori risorse o minor sviluppo non giustifica che
alcune pe rsone vivano con minore dignità ’ . Questo è un principio elementare della vita
sociale, che viene abitualmente e in vari modi ignorato da quanti vedono che non conviene
alla loro visione del mondo o non serve ai loro fini” (FT 106).
In questo passaggio dell’enciclica Fratelli tutti ben s i comprende che l’annuncio e la
testimonianza del V angelo si proiettano anche sulle misure che possono contribuire a
rafforzare o determinare la migliore espressione della dignità umana , il cui valore non
dipende dal luogo in cui la persona vive o nasce , m a dal modo mediante cui si aiuta la
persona a determinare, con il proprio lavoro, il futuro .
La dignità umana si esprime con pienezza nel lavoro quando esso è tutelato, pagato, sicuro,
effettuato nel rispetto dei diritti e con la formazione più adeguata . “ Nel lavoro libero ,
creativo , partecipativo e solidale , l'essere umano esprime e accresce la dignità della propria
vita” ( EG 192).
La dignità umana si esprime con pienezza anche quando , purtroppo , essendo disoccupati , si
è ben supportati nella ricerca di un lavoro . Sono due facce , a mio parere, del medesimo
fenomeno : da una parte, chi è occupato deve essere spronato a svolgere un lavoro che possa
permettere l’espressione migliore di sé; dall’altra, la perso na che cerca un lavoro deve avere
ragionevoli aspettative che qualcuno si prenderà carico delle relative debolezze per
facilitar gli l’ingresso nel mercato del lavoro.
6. L’occupabilità , un’esigenza improrogabile
Se tutto ciò presuppone servizi all’impiego funzionanti e d efficienti, esso non può
assolutamente sussistere in assenza di un certo ambiente imprenditoriale attivo , inserito in
catene globali della produzione, proiettato verso la crescita. Il mercato del lavoro non è
avulso dal mercato in cui operano le imprese . Del resto, sappiamo anche dalle indicazioni
europee che , s ostenere, con un piano di rilancio, l’economia e la libera i m presa , significa
determinare le migliori condizioni di occupabilità . È una specifica clausola sociale che
l’Europa chiede di attuare a tutti i paesi membri: a fronte delle risorse ingenti che il piano di
rilancio permetterà di utilizzare, ci si impegna a miglior are l’occupazione e le relative
condizioni, inci dendo sulle fragilità delle persone ( con più formazione), dei territori ( con più
investimenti), delle imprese ( con più competitività ).
Non sostenere quell’economia o disinteressarsene significa avviare processi quasi
irreversibili di declino , anche sociale e collettivo . Il che assumerebbe una dimensione di
spreco e di contrarietà ai disegni di Dio sulla umanità .
Ciò ci aiuta a r ileggere la domanda su chi sia più forte tenendo in considerazione il n. 69
dell’enciclica Fratelli tutti, nel quale il Santo Padre scrive che “ l’inclusione o l’esclusione di
chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi.
Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti
indifferenti che passano a distanza”.
Ritorna, in queste parole, la visione biblica che vede la vittoria di chi, pure essendo debol e o
giovane , più vulnerabil e perc hé povero , con meno risorse perché sfiancato dalla stanchezza ,
si lascia accompagnare dal soffio di Dio , il quale ha il fine specifico di includere, mai di
escludere. Se è vero che l’inclusione o l’esclusione di chi soffre definisce anche i progetti
econom ico - sociali, allora si può indicare una prima risposta alla domanda che ci stiamo
ponendo ( chi è il più forte ? ) : nella definizione d ei piani di rilancio dell’economia si deve
avere a cuore la protezione della persona del lavoratore, sapendo che gli investimenti
de v ono concorrere a migliorare le condizioni di occupabilità .
7. Il Vulture , un territorio ricco di potenzialitÃ
La suggestione sociale che proviene dalle nuove scelte europee di sostegno della crisi dovrÃ
trovare una speciale applicazione nel la nostra terra, nel Vulture. Una terra che ha i doni ed i
prerequisiti per essere una ‘regione aperta’ del Mezzogiorno. Un comprensorio colmo di
potenzialità , che deve liberare risorse e deve essere posto nelle condizioni di massima
valorizzazione delle persone, delle famigl ie e delle organizzazioni produttive per generare
più lavoro e più sviluppo. Un laboratorio fertile di creatività sociale e del lavoro lungo le
traiettorie ed i sentieri del la sua agroindustria, dei suoi insediamenti manifatturi eri avanzati ,
dei beni cultu rali, dei sistemi di welfare e delle filiere formative e dell’istruzione.
Tutto questo patrimonio ben valorizzato , arricchito da nuovi servizi ed infrastrutture ,
rappresenta già di per sé un grande investimento sociale, di significato regionale ed ancor
pi ù nazionale.
Il territorio del Vulture possiede stratificazioni produttive, cultura industriale e del lavoro
settoriale che sono centrali nella vita del Paese. Sono l’ animus ed i caratteri dei nostri
luoghi. Su di essi si dovranno misurare le risposte e le azioni virtuose delle decisioni
politiche ed economiche e la capacit à di aggiungere attrattività , fermento sociale e culturale,
qualità della vita più degna, più moderna e più vicina ai bisogni ed alla sensibilità delle
donne e degli uomini del nostro tem po.
Esorto, a partire da queste considerazion i , soprattutto la comunità ecclesiale ad avviare al
proprio interno una riflessione profonda su questi temi e ad aprire con le realtà locali un
dialogo, un confronto vivo e s apiente su queste problematiche e sulla valorizzazione delle
tante vocazioni del sistema economico e sociale; si dovrebbe attivare quasi un laboratorio
di dialogo, di analisi e anche di elaborazione di proposte per accompagnare le
trasformazioni con il seg no della fraternità .
Perché non immaginare un piano di lavoro per definire iniziative di arricchiment o e di
crescita su questi temi ? Perché non provare a delineare un disegno progettuale che tenga
conto di queste urgenze, attese e desideri per il bene del la nostra gente e del nostro territorio
del Vulture?
8. Più forti della pandemia
Si è, dunque, più forti della pandemia se si è capaci di cogliere proprio questo momento
tragico per creare le giuste condizioni di rafforzamento delle competenze professionali e,
contestualmente, di supportare efficacemente le azioni imprenditoriali che includono, mai
escludono, il futuro delle persone .
Rafforzamento delle competenze professionali significa sapersi porre nella logica di una
formazione continua per adeguare i propri talenti a ciò che si richiede nel contesto
produttivo in cui si opera. Sostegno alle imprese che sanno includere significa anche
verifica, nell’interlocuzione tra pubblico e privato, della progettualità e degli investimenti.
C’è anche un a seconda risposta alla domanda su chi sia il più forte. Essa si coglie in un
passaggio nell’Enciclica Fratelli t utti in cui Papa Francesco scrive che “ l ’affermazione che
come esseri umani siamo tutti fratelli e sorelle, se non è solo un’astrazione ma prende carne
e diventa concreta , ci pone una serie di sfide che ci smuovono, ci obbligano ad assumere
nuove prospettive e a sviluppare nuove risposte ” (FT 128).
Il lavoro rende più forti della pandemia se ci aiuta a diventare chi davvero siamo . Il lavoro ,
sia per chi già è occupato, sia per chi è in cerca di occupazione, è una forma di energia
culturale e sociale, individuale e collettiva .
Con parole più dirette, il lavoro, realizzando la dimensione più profonda della persona
umana, è cont emporaneamente una dichiarazione di se stessi al mondo , in quanto con esso il
talento individuale viene a mostrarsi e a svilupparsi, nonché un’esortazione a diventare
protagonisti di “ nuove risposte al mondo ” : il talento individuale, la vocazione di ciascuno, il
miglioramento di se stessi, la formazione continua, il desiderio di crescere
professionalmente, il contributo al successo di un’iniziativa imprenditoriale, la puntualità , la
diligenza, la correttezza s ono tutti elementi che raccontano il modo mediante cui noi
diventiamo fratelli e sorelle e, nel medesimo tempo, testimoniamo come si può diventare
fratelli e sorelle che hanno a cuore il futuro dell’umanità .
Il quadro che ho esposto si può completare con alcune considerazioni finali sul lavoro che ci
servono per discernere le situazioni personali e professionali in cui noi viviamo
quotidianamente.
Nel n. 22 l’ Enciclica Fratelli t utti il Santo Padre ci insegna che nei sistemi economici
l’ossessione di ridurre i costi del lavoro crea scarto. Lo scarto è la persona che è vittima di
quella ossessione.
Chiediamoci , in quale occasione abbiamo inseguito questa logica e perché, quali effetti
abbiamo determinato e se abbiamo posto rimedio. Pag. 7 a 9
Nel n. 110 dell’ Enciclica si scrive che una sola persona scartata non rende fraterno il
sistema economico sociale.
Chiediamoci , come poter attuare misure sociali efficienti contro le cause strutturali dell o
scarto sociale , tra cui vi è la mancanza di lavoro, oltre alla povertà , alla disuguaglianza, alla
mancanza della terra e della casa, alla negazione dei diritti sociali ( FT 116).
Nel n. 162 dell’Enciclic a si definisce il lavoro come l’ obiettivo vero che deve consentire
una vita degna alla persona. I sussidi o redditi di sostegno non possono bastare.
Chiediamoci come si può rendere il lavoro, nel nostro contesto, “una dimensione
irrinunciabile della vita sociale , [il quale] non solo è u n modo di guadagnarsi il pane, ma
anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi,
per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in
definitiva, per vivere come popolo” (FT 162) .
Il n. 186 dell’Enciclica Fratelli t utti sottolinea l’importanza della realizzazione delle
politiche di promozione del lavoro.
Chiediamoci , come e se contribuire come comunità di credenti alle misure che attivano la
ricollocazione di chi è disoccupato nel mercato del lavoro .
9. Un’alleanza per il bene comune
La persona al centro del lavoro, il bene di tutti sopra il profitto di pochi, la dignit à umana e
la coesione sociale come premesse necessarie alla crescita e allo sviluppo (Cfr . Papa
Francesco, Patris corde , 6) . Si tratta di principi e valori che sono patrimonio indiscutibile
della dottrina sociale della Chiesa, magistero che è strumento di promozione umana
attraverso il fermento del Vangelo. Tutti dobbiamo impegnarci affinché al centro del vivere
sociale si pon ga la solidarietà .
Il Santo Padre ci invita ripetutamente a fare nostra la logica che “la realtà è più importante
dell’idea” (EG 231 - 233). Dobbiamo avere il coraggio di riconoscerlo e denunciarlo: è una
logica, questa, che troppo spesso sfugge ai sistemi e conomici dominanti, fondati su modelli
che ignorano, quando non calpestano addirittura, la realtà materiale. Una realtà fatta di volti,
di storie, di vita concreta, una realtà di territori, di storie personali e comunitarie, di famiglie
in carne ed ossa, d i generazioni nuove che reclamano il diritto al futuro, per loro stesse e per
la loro terra. È questa realtà che dobbiamo difendere. È da questa realtà che dobbiamo
ripartire.
È per le famiglie, le persone, i giovani, gli anziani, le lavoratrici, i lavorat ori, lo sviluppo
economico, culturale e sociale del nostro territorio che abbiamo il dovere di impegnarci tutti
nell’ esigere e nel costruire in prima persona sinergie virtuose ad ogni livello, sia politico che
sociale, sia economico che istituzionale. Un’ alleanza vera per il bene comune , che sappia
edificare una visione del futuro carica di concretezza e allo stesso tempo ricca di speranza. Per diventare qui, in questa nostra terra amatissima del Vulture , tutti insieme, senza lasciare
indietro nessuno, più giusti, più liberi e più forti.
Melfi, 29 aprile 2021
S. Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa
+ Ciro Fanelli
Vescovo
Commenti
Posta un commento