📰 L'Editoriale di Marco Lombardi: Bambini, ragazzi, adulti
C’erano una volta gli scugnizzi, ragazzini di famiglie problematiche, cresciuti in estrema povertà con padri non di rado carcerati e madri intente a mettere qualcosa sulla tavola con mille espedienti, anche oltre il confine della legalità.
La loro scuola era la strada, nel senso vero del termine e non come una rima da trap, godevano dell'essere minorenni per la legge, ma d’altro canto speravano di crescere presto per divenire adulti capaci di farsi rispettare e affrancarsi dalla miseria, con ogni mezzo, anche illecito, anche violento.
A loro sono stati dedicati libri, romanzi e film di grande successo, che in parte li hanno trasformati in piccoli mostri per la società dei benestanti, il peggior incubo da incontrare al calar delle tenebre o in un vicolo isolato.
Ma ci hanno anche aiutato a riflettere sulla loro situazione, su come recuperarli alla scuola, agli affetti, alla vita civile.
C’è voluto tanto, tanto tempo, ma possiamo dire che quel fenomeno non esiste più, o si è evoluto in qualcosa di diverso.
Oggi abbiamo i figli dei social, di famiglie magari benestanti ma tremendamente conflittuali.
Di un modello paterno affetto da machismo narcisistico, dove ci si tatua, si pompano i muscoli, si fanno sport da combattimento, si insegna e pratica la legge del più forte e del più furbo.
Padri che alle partite di calcio dei loro campioncini sono disposti a picchiarsi con altri padri per un commento non gradito, ad aggredire l’allenatore per una sostituzione irriverente o l’arbitro per una decisione sfavorevole.
Figli di un modello materno compresso nella morsa di una società maschilista che impone alle donne di fare l’uomo con gli attributi sul posto di lavoro, di rincorrere la giovinezza che se ne va, puntando tutto sulle taglie dei vestiti, sulla rotondità delle curve, sul volto levigato e simmetrico.
Questi figli sono spesso quelli delle baby gang, della droga facile, del bullismo, dei vandalismi, dell’assenza di rispetto verso qualunque forma di autorità.
Il loro impeto è tale da annichilire il peso degli altri ragazzini che con la loro educazione, onestà, spirito solidale, sono considerati dei deboli, dei predestinati al fallimento.
Di fronte ad essi ci si sente giustamente spiazzati, non trovando il bandolo di una matassa irrimediabilmente aggrovigliata.
E’ talmente scontato subire le scorribande degli adolescenti di questo finto benessere, che quando ci troviamo di fronte ad altri scugnizzi, fortunatamente di dimensioni numeriche irrisorie rispetto al passato, cadiamo dalle nuvole, non sappiamo come reagire, cediamo alla pancia giustamente scossa, quando la soluzione sta lì, scritta nel nostro passato di italiani.
Non aprire il cassetto e riprenderla in mano è forse la scelta deliberata di un arruffapopolo da strapazzo, o forse la reazione inconscia che ci impedisce di ricordare che anche noi siamo stati quella cosa lì e che se ne siamo usciti, quando ne siamo usciti, non è stato solo grazie al pugno duro e alle manette, anzi forse è stato malgrado essi.
Dimentichiamo perché ricordare ci imporrebbe di capire che non esistono le razze e le etnie, ma solo i contesti da cui, ancora oggi, nessuno sfugge, proprio nessuno, anche quando è certo di esserci riuscito, perché un lussuoso appartamento può essere inaccogliente quanto una baracca.
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