L'Italia è un paese straordinario.
Non è ancora stato definito il programma operativo del Riarm Act, che già, a sentir parlare certi osservatori privilegiati ed esponenti politici, stiamo progettando di infilarci di tutto: strade, ospedali, ponti... ponti!
L'idea è che se da un nuovo viadotto possano passare mezzi dell'esercito, esso sia da ritenersi un'infrastruttura militare, ergo finanziabile.
Continuiamo a pensare che all'estero facciano tutti come noi, varando norme ambigue nelle quali poi far passare di tutto.
Difficile non immaginare che amaro sarà il risveglio.
Un primo assaggio lo avremo fra un anno, quando alla scadenza del Pnrr parte dei fondi già trasferiti da Bruxelles a Roma dovranno tornare indietro perché non trasformati in opere concrete, fatte di calce e mattoni.
Eppure, fino a poco tempo fa, nei ministeri si dava per scontato che una proroga ci sarebbe stata, nella filosofia del diritto tutta nostrana in base alla quale i termini son tutti ordinatori, cioè meramente orientativi, e mai perentori.
Ciò detto il precoce e presumibilmente vano assalto alla diligenza europea e ai forzieri destinati alla costituzione di un sistema di difesa unico continentale, svela fin da subito l'inutilità di questo enorme ammasso di fondi, almeno per il fine solidaristico che li ha legittimati e cioè che l'unione fa la forza.
Fondi che vengono drenati da altri settori di importanza vitale per il benessere dei cittadini e dunque per il mantenimento di quella serenità e di quel minimo benessere sociale, che sono il primo requisito per un clima di pace duratura tra i popoli.
Non è un caso che i maggiori sponsor europei delle suddette spese militari, siano oggi i paesi forse più in difficoltà in termini economici e di tenuta sociale, vale a dire Francia e Germania.

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